Il colpo di stato in Burkina Faso non ferma la cooperazione internazionale

Dopo il colpo di stato del 24 gennaio 2022, il Burkina Faso è in mano ai militari. La giunta che ha preso il potere ha garantito che ci sarà una transizione pacifica e veloce per arrivare a nuove elezioni democratiche e, al momento, non si segnalano scontri nella capitale.

La regione di cui il Burkina Faso fa parte, il Sahel, è diventata in questi ultimi anni molto importante a livello geopolitico, divenendo un polo d’attrazione sia delle potenze straniere sia dei gruppi terroristici, in particolare dopo la caduta di Gheddafi; inoltre la “rivoluzione popolare” del 2015, pur essendo riuscita a imporre una transizione democratica dopo quasi 30 anni di dittatura, aveva gettato il paese nell’instabilità politica e sociale rendendolo di fatto vulnerabile alle infiltrazioni di gruppi terroristici dal Mali. Oggi ci sono intere aree del Paese quasi inacessibili, soprattutto a Nord e a Est e, recentemente anche il Sud/Sud Ovest è diventato pericoloso per colpa della presenza dei gruppi armati che terrorizzzano le popolazioni costringendole ad abbandonare i loro villaggi. I militari che oggi hanno preso il potere affermano di essere intervenuti dopo aver preso atto dell’incapacità del governo di affrontare efficacemente la situazione.

Le regioni a Nord sono abbandonate dallo Stato centrale perché lontane e poco raggiungibili e i gruppi armati hanno trovato le condizioni ideali per avanzare data la poca resistenza delle forze di difesa nazionali e, dall’altra, una popolazione molto povera e al limite dello stremo, pronta a unirsi a questi gruppi, non tanto per la condivisione degli ideali ma più con uno spirito di ribellione contro lo stato centrale.

Nella provincia dell’Oudlan, dove LVIA lavora, la situazione è di base molto peggiore rispetto a Ouagadougou. Gruppi armati estremamente pericolosi stanno occupando i villaggi e terrorizzano la popolazione con l’obiettivo di occupare l’area e di prendere il controllo di una serie di traffici che transitano storicamente in quella fascia d’Africa. Qui le persone vivono con grande fatica perché ci sono continue siccità. Gli spostamenti della popolazione dovute all’insicurezza non fanno che aggravare la pressione sulle poche terre disponibili per cui basta una piccola scintilla per scatenare violenti scontri con centinaia di morti. Sarà difficile vedere un miglioramento della situazione in un futuro prossimo ma la cooperazione continua ad essere presente nel Paese per assistere la popolazione ed agevolare i processi di dialogo.

“Bisogna intervenire per facilitare la coesione sociale e promuovere il dialogo intercomunitario per fare in modo che sia più facile resistere alla presenza dei gruppi armati.”

Nella provincia dell’Oudlan ci sono 26 centri di salute ma, in questo momento, 17 sono chiusi poiché si trovano nei territori occupati, o poiché il personale sanitario è scappato per via delle minacce ricevute dai gruppi armati. In questa zona LVIA mette in opera una strategia multilivello per fornire assistenza medica sia agli sfollati che alle popolazioni ospiti non hanno più un centro di salute di riferimento. I progetti in corso, finanziati dall’Unione Europea (ECHO), dal WFP e dall’UNICEF, sono complementari tra loro e intervengono soprattutto sulla nutrizione dei bambini, sull’igiene e sulla presenza dell’acqua nei centri sanitari.

Vengono aperti dei mini-ambulatori equipaggiati – i presidi sanitari avanzati – e si offrono formazioni agli agenti comunitari affinché, sotto la supervisione del personale del distretto sanitario, riescano a garantire un primo livello di cure alla popolazione. Nei casi più gravi, si organizza l’evacuazione del paziente verso un centro più specializzato. Ad oggi sono 80 i presidi sanitari attivati e 240 agenti sanitari formati ( tra cui 80 ostetriche di villaggio).

A Saouga, un villaggio non lontano dalla capitale Gorom-Gorom dove migliaia di sfollati si sono installati, il centro di salute era in estrema difficoltà: una struttura pericolante, senz’acqua e senza strumentazioni per poter prendere in cura le persone. LVIA è intervenuta con i lavori di ristrutturazione e di riabilitazione dell’impianto idraulico ed elettrico. Inoltre, sono stati riparati alcuni strumenti danneggiati per poterli riutilizzare. Questi centri di salute sono fondamentali per la popolazione, in particolare per gli sfollati che hanno dovuto abbandonare i loro villaggi. Un centro come Saouga riceve in un mese circa 5mila accessi.

L’arrivo dei medicinali acquistati grazie al contributo dell’Unione Europea da MSF Supply, che serviranno a rifornire il distretto sanitario di Gorom-Gorom.

Cura e prevenzione della malnutrizione infantile

Nella regione del Sahel, secondo i dati più recenti, il 15% dei bambini sotto i 5 anni soffre di malnutrizione acuta e, presso alcune comunità di sfollati, il 6% soffre di malnutrizione acuta severa, la forma più grave che, se non curata tempestivamente, può provocare la morte.

Oltre che fornire le cure, LVIA interviene insieme al suo partner locale per prevenire la malnutrizione infantile insistendo sulla sensibilizzazione e la formazione delle donne, in particolare quelle in stato di gravidanza e che hanno i bambini sotto i due anni di età. Le formazioni vertono sull’importanza dell’allattamento esclusivo al seno nei primi 6 mesi di vita del bambino e in un corretto svezzamento, e nella creazione di una dieta nutriente e diversificata, associando gli alimenti che si hanno a disposizione e che la comunità stessa produce, in modo che possano essere autonomi. L’unico alimento che viene distribuito attraverso il progetto è un’integratore utilizzato nel momento in cui i bambini gravemente malnutriti devono intraprendere una cura ricostituente.

In aggiunta alle attività di lotta alla malnutrizione, lo scorso dicembre è stata promossa una diffusa campagna di vaccinazione diretta ai bambini minori di 5 anni presso la popolazione sfollata di Gorom-Gorom. La campagna ha raggiunto in tutto 194 bambini che hanno ricevuto la vaccinazione esavalente ed essere così protetti da quelle malattie che ancora oggi causano disabilità e morte tra i più giovani.