Don Aldo Benevelli: una vita a servizio della comunità

Nel centenario della nascita di Don Aldo Benevelli, fondatore di LVIA, scomparso nel 2017, sono state realizzate numerose iniziative sul territorio cuneese per ricordare il sacerdote che ha speso la sua vita a servizio della comunità.

In questo articolo, lo ricordiamo attraverso il racconto di Gabriella Galfrè, cara amica di Don Aldo che ha vissuto gli anni della cpstitutzione di LVIA, e di alcuni volontari e volontarie che lo hanno incontrato nel suo cammino di costruzione della pace.

Di Graziella Galfrè

LVIA è stata la più grande realizzazione di don Aldo. Tante sue iniziative si sono esaurite, ma LVIA, nata quasi sessant’anni fa, continua a crescere adattandosi al cambiare dei tempi. L’Associazione è nata da un gruppo di giovani attorno a un prete negli anni della ripresa economica, dopo la guerra e la Resistenza. Le idee di libertà, giustizia, aiuto agli ultimi, erano ben impresse nei loro cuori. In don Aldo avevano trovato la persona giusta: aveva il dono di saper ascoltare, capiva le loro aspirazioni e diceva loro parole nuove e antiche che portava con sé da tutta la vita! Nel 1964, in risposta a una richiesta che alcune diocesi francesi fecero al Vescovo di Cuneo, don Aldo e i giovani iniziarono a compiere viaggi in Francia al fine di instaurare relazioni di amicizia con i connazionali espatriati.

Secondo don Aldo, LVIA è nata da questo servizio volontario agli altri. Nello stesso periodo era tornato in Italia un missionario cuneese, Andrea Botta che aveva presentato a don Aldo e al suo gruppo i problemi della missione in Kenya, nella Regione del Meru. Andare in Kenya non fu una decisione improvvisa, ma maturata da discussioni e approfondimenti. Così nel 1966 fu fondata LVIA, un’associazione con una “Carta statutaria”, ma non ancora con un Atto costitutivo formale che ci sarà solo nel 1970. Nel 1967 partì per il Kenya la prima volontaria, Rosanna Cayre. Ho sempre ammirato il suo coraggio: partire da sola, in un Paese sconosciuto, così diverso dai nostri, con persone che non conosceva. Che cosa la spingeva? Sicuramente la fede e un grande amore per gli ultimi. La seguirono poi altri volontari: Giorgetta, Marilena, Terry, Germano… e tanti altri di cui non ricordo il nome.

C’era però un problema: le disponibilità economiche. La LVIA era nata senza fondi. Allora don Aldo, i suoi ragazzi e tutte le persone che condividevano le sue idee, cominciarono a “seminare”: incontri, scritti, viaggi continui per parlare con i “Gruppi di Appoggio” che si erano creati, con le parrocchie da cui provenivano i volontari. Un lavoro capillare che don Aldo ha sempre continuato. E, come diceva lui, la Provvidenza ci mise la mano.

Nel 1967 nasce il “Notiziario Volontari”. Il primo e secondo numero erano scritti con una vecchia Olivetti dell’ufficio, regalata da chissà chi, con i tasti consumati. Dal terzo numero, si notava il grande progresso di LVIA, era stampato in tipografia e raccontava le partenze dei volontari per il Burundi e l’Etiopia. A Cibitoke, tra questi, c’era Tonio, un agricoltore cuneese e, diretti in Etiopia, i coniugi Simonini, Gigi e Rosanna. Nel 1969 LVIA opera in Alto Volta, Togo, Dahomey, Burundi, Kenya, Etiopia e si prepara a partire per Haiti e Senegal. Nella cerimonia della partenza don Aldo consegnava al neo-volontario un anello d’argento con la scritta “Ut non perdam”: frase del Vangelo che significa: “Affinché tu non perda tutte le doti che Dio ti ha dato”. Tutti i volontari sono sempre stati fieri del loro anello. I più anziani lo portano ancora al dito e io li guardo con malinconia, non avendolo mai avuto. Don Aldo mi diceva giustamente: «Tu non sei una volontaria, tu hai uno stipendio». Era vero.
Questi sono stati i primi anni della LVIA, come li ricordo io. Un ricordo bellissimo che ha segnato tutta la mia vita.

Graziella Galfrè

“Frugando fra i tanti ricordi di quasi trent’anni di amicizia, quello che mi pare importante sottolineare di don Aldo è la sua autonomia di pensiero e la libertà con la quale manifestava le sue salde convinzioni, in campo etico e morale, politico, religioso e, più in generale, su tutto quanto si confrontava quotidianamente. Nel suo quasi secolo di vita, don Aldo è passato attraverso varie fasi storiche della nostra società molto diverse tra loro, riuscendo a mantenere quello spirito libero e “ribelle” nei confronti dell’autorità e del potere costituito, che a volte gli sono anche costati sacrifici e non raramente emarginazione e critiche.”

“Don Aldo era il mio professore di religione alle scuole superiori. La sua era la lezione che aspettavamo di più: ci parlava dei problemi sociali e dei suoi viaggi in Africa e ci apriva gli occhi al mondo con i suoi racconti. Da qui è iniziato il mio percorso con LVIA che dura ancora oggi. Don Aldo è la persona che ha segnato di più la mia vita.”

“Quando andavo a Cuneo, insieme a mia moglie e agli altri volontari per la formazione pre-partenza, rimanevo costantemente affascinato dalle messe di don Aldo. Le sue parole e il modo in cui le esprimeva erano straordinari, riuscendo a coinvolgere magnificamente tutti i partecipanti. Non ho mai trovato un’altra persona come lui.”

“Don Aldo è stato molte cose ma prima di tutto, uno dei “padri” della cooperazione italiana, quando ancora la parola cooperazione non esisteva, fondando la LVIA, l’associazione di volontariato laico. Era l’epoca “delle iniziative un po’ strane”, gli anni della contestazione giovanile, che nella Chiesa esprimevano le istanze di cambiamento e di giustizia della fine degli anni ’60 e, insieme, quelle del Concilio Vaticano. Con lui abbiamo condiviso spirito, ideali, azioni e anni di lavoro come volontari, in Italia e nei paesi poveri.”