Tanzania: racconti dal progetto Maishani

Maisha ni maji na afya significa “Acqua e salute sono la vita”,

È da questa frase in lingua swahili che prende nome il progetto “MAISHANI” attivato in Tanzania centrale da LVIA insieme a Medici con l’Africa CUAMM e con il contributo dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Il progetto, oltre a costruire delle infrastrutture – come le cisterne nei centri sanitari che permettono la raccolta dell’acqua piovana per l’utilizzo nei periodi di scarsità idrica – si focalizza sulla gestione sostenibile della risorse idriche e delle infrastrutture costruite.

Il progetto MAISHANI prevede un intervento congiunto idrico e sanitario: da un lato l’accesso all’acqua, dall’altro la lotta alla malnutrizione. L’impegno è per migliorare la disponibilità di acqua nei centri di salute e nei villaggi,  così come  le competenze di gestione delle risorse idriche da parte delle comunità. Viene attivata una collaborazione con  il sistema di formazione professionale a livello nazionale per formare operatori in ambito idrico (i water manager) e migliorare i sistemi di monitoraggio sul funzionamento delle strutture idriche. Intervenire parallelamente su acqua e nutrizione permette di migliorare l’impatto sulla vita delle comunità rurali.

Jeremia Sija, water manager

dal villaggio di Laikala

Laikala è un villaggio di circa 5.000 abitanti dove LVIA ha iniziato a lavorare nel 1993.  Nel 2017 il villaggio è stato coinvolto nel progetto MAISHANI, che ha reso possibile il finanziamento di una borsa di studio permettendo a una persona del villaggio, Jeremia Sija, di frequentare il corso di formazione professionale presso la Vocational Education and Training Authority (VETA), per diventare water manager. In totale, il progetto ha finanziato 60 borse di studio. Inoltre, presso questo villaggio è stata sostenuta la creazione di un’organizzazione comunitaria per la gestione dell’acqua (COWSO – Community Owned Water Supply Organization).

Jeremia Sija

Già prima del progetto disponevamo di due cisterne, una giù a valle, a 3km di distanza dal centro del villaggio, e una in collina, entrambe costruite in passato grazie al sostegno di LVIA. La cisterna a valle dispone di un pozzo e di una pompa a diesel per attingere acqua dal pozzo, ed è stata pensata come punto di abbeveraggio per il bestiame, dove si servono molti pastori della zona.
La seconda cisterna è stata costruita in collina con un allaccio ad un acquedotto pubblico.
L’acqua viene distribuita nel villaggio grazie a otto punti di distribuzione che vengono attivati due volte al giorno dagli addetti. Le persone pagano 50 scellini per ogni tanica (20 litri) e i soldi vengono gestiti dal gestore dell’infrastruttura idrica.

Grazie al progetto ho avuto la possibilità di spostarmi a Dodoma per quattro mesi e seguire un corso per diventare manager idrico. Ho imparato a gestire un impianto idrico, sia nella sua dimensione tecnica, sia nella sua dimensione amministrativa. In passato quando l’impianto aveva un guasto, doveva venire qualcuno da fuori per ripararlo. Ora questo lavoro riesco a farlo io. Inoltre, l’ingegnere idrico e altro personale di LVIA hanno svolto una formazione per una trentina di persone, per la creazione di una COWSO, che mi supporta nella gestione e manutenzione del punto acqua. Oggetto della formazione sono state tutte quelle procedure utili alla creazione di una COWSO (manutenzione ordinaria, scelta di tariffe comunitarie sostenibili per il villaggio e per le spese necessarie alla gestione dello schema, stesura di budget plan, ruoli e funzioni degli attori coinvolti, la regolamentazione nazionale…).

 

Imani, bambino guarito dalla malnutrizione

dal villaggio di Dabalo

Dabalo è un villaggio di 5.000 persone.  Il progetto MAISHANI ha realizzato attività di formazione sui temi di igiene e nutrizione. Tre persone sono state formate per agire in qualità di operatore di salute nella comunità (si tratta del Community Health Worker, una figura prevista dal sistema sanitario governativo e che si sta cercando di potenziare  a livello di villaggio). Gli operatori comunitari svolgono dei compiti di consulenza, controllo e raccolta dati in ambito sanitario nei singoli villaggi che, nella maggior parte dei casi, sono provvisti solo di un piccolo dispensario. Quando viene rilevato un caso di malattia non trattabile nel dispensario, il paziente viene inviato in una struttura sanitaria più attrezzata, di solito una ogni 3-4 villaggi.

Famiglia di Imani

Mio figlio Imani, a un anno e mezzo circa dalla sua nascita, quando ha smesso l’allattamento al seno, ha incominciato a presentare dei problemi di crescita. Nel dispensario del villaggio non sono stati in grado di diagnosticare la malattia. Quando ha iniziato ad avere anche dei problemi alla pelle, lo abbiamo portato dagli operatori sanitari del nostro villaggio.

L’abitazione di questa famiglia si trova a ben 11 km di distanza dal centro del villaggio.

Sono stati loro a riconoscere un problema di malnutrizione e ad inviarci prontamente nel villaggio di Chamwino, a 50km di distanza, in cui si trova l’ospedale attrezzato a trattare la malnutrizione.
Abbiamo dovuto arrangiarci con amici e conoscenti per ospitarci.

Oggi, un anno e mezzo dopo che Imani è guarito, grazie alle attività del progetto anche il villaggio di Dabalo dispone di una struttura capace di fornire un primo trattamento per contrastare la malnutrizione.

Lo hanno tenuto in ospedale per quasi 10 giorni, poi hanno ritenuto indispensabile un trasferimento all’ospedale di Dodoma,

Il trattamento contro la malnutrizione varia da un minimo di un mese a un massimo di tre mesi. Nel caso di Imani, il trattamento è durato quasi un mese e mezzo. Le sue condizioni erano critiche e, oltre ad una malnutrizione severa acuta, erano presenti altre complicazioni, soprattutto alla pelle.

 

Dottor Masta Jones,

dall’Ospedale di Kongwa

La cittadina di Kongwa conta circa 13.000 abitanti e ospita l’ospedale distrettuale. Tale ospedale conta ogni mese in media 2.500 pazienti. Grazie al progetto MAISHANI, all’interno del compound dell’ospedale è stata costruita una cisterna della capacità di 52.000 litri, fornita di un sistema di raccolta dell’acqua piovana, di un allaccio all’acquedotto pubblico e di una pompa elettrica, che serve a rifornire i rubinetti di alcune strutture interne all’ospedale.

Direttore dell’ospedale di Kongwa, dott. Masta Jones 

Il nostro ospedale si trova spesso con una scarsa disponibilità d’acqua, e questo non ci permette di igienizzare regolarmente gli spazi, come la sala operatoria e la sala parto, o di sterilizzare gli strumenti.
Prima della cisterna costruita da LVIA, disponevamo di due vecchie cisterne che non disponevano di un allaccio all’acquedotto ma venivano riempite da un camion-cisterna governativo una o due volte a settimana. Durante la stagione secca capitava che rimanessimo senz’acqua buona parte del periodo.
Ora riusciamo ad avere a disposizione più acqua, perché possiamo stoccarla e allo stesso tempo usufruire dell’allacciamento all’acquedotto. L’acqua non è sempre sufficiente, perché la disponibilità del sistema pubblico è sempre molto incerta, ma la disponibilità è molto aumentata.

L’ospedale richiede ancora un sistema di riscaldamento dell’acqua, ad esempio con un sistema a energia solare. Questo sarebbe molto utile per migliorare ulteriormente l’attività.