Essere cooperanti internazionali…essere cittadini del mondo

Una lettera di Gloria Laura Mellano, volontaria internazionale con LVIA e attualmente in Italia, per augurarci il coraggio di affrontare la difficile situazione che stiamo vivendo

Ho la speranza che questa situazione porti alla consapevolezza di dover essere “coraggiosi”, ogni giorno, per affrontare la vita quotidiana nel suo mutarsi, alle volte repentino, e per immedesimarsi nell’ “altro”, per comprenderlo. Perché potrebbe succedere, e forse sta succedendo, che quello che fino a ieri poteva sembrare l’ “altro”, oggi possa essere rappresentato da noi stessi

 

La lettera completa

“Cosa è richiesto ad un Cooperante Internazionale?”

Mi viene spesso chiesto a seguito di 11 anni di lavoro nel Continente Africano.
L’elenco potrebbe includere: capacità di adattamento, di problem-solving, di vivere in contesti ritenuti “difficili”, capacità di comprensione del contesto in cui si deve operare, e via dicendo.
Dalla mia esperienza personale ritengo che ogni volta che si entra in contatto con una realtà diversa da quella di riferimento (cioè quella di origine), in termini di lingua, cultura, religione, situazione socio-politica, ecc., l’approccio al nuovo contesto dovrebbe avvenire con estremo rispetto delle indicazioni che vengono date su come comportarsi ed agire in relazione ad una cultura differente dalla propria nelle varie situazioni di vita quotidiana, che può spaziare dagli scambi lavorativi alle relazioni con la popolazione.
Trovo che la capacità di adeguamento al nuovo Paese richieda necessariamente il sapersi adattare al mutare repentino della situazione: una sensibilità e capacità di fondamentale importanza.

“E quando si è in situazione di emergenza o crisi, come ci si comporta?”

Altra domanda ricorrente…
In contesto internazionale, nel caso in cui sopraggiunga una situazione di emergenza e d’insicurezza, di natura sanitaria o socio-politica che sia, ci si attiene al rispetto delle direttive che arrivano dalle autorità locali competenti, dalla propria ambasciata di riferimento e dalla comunità internazionale, perché tali indicazioni vengono diffuse alla popolazione al fine di prevenire il peggiorare della situazione e di limitare i danni.
Così, lavorando nella cooperazione internazionale, oltre alle caratteristiche richieste per svolgere attività in contesti diversi dai propri, nel tempo si sviluppa anche la capacità di mantenere la lucidità nei momenti critici e negli imprevisti, per salvaguardare la propria incolumità e per evitare che chi è vicino a noi, e di cui sovente si ha anche la responsabilità della presenza nel Paese, possa trovarsi in situazioni di pericolo o possa vivere con eccessivo panico la vicenda in atto. Dunque è necessario evitare di enfatizzare una situazione che già di per sé possa essere critica, prendere la giusta “distanza” dalle informazioni che arrivano da fonti non certificate ed attenersi alle direttive che le autorità suggeriscono, se non impongono, di seguire.

In questo caso, è la capacità di vivere con “il basico” che si impone, accettando le “limitazioni” alle quali si deve sottostare. Si sviluppa una predisposizione a vivere con ciò che si riesce ad avere in quella particolare situazione, che inizialmente non si sa quanto possa prolungarsi… vivere con quello che il territorio ha da offrire in termini di cibo; affrontare la limitazione degli spostamenti; adattarsi alle nuove condizioni di lavoro, in via telematica e dalla propria abitazione… senza contare le “normali difficoltà” che possono intercorrere anche in situazioni di instabilità, quali la mancanza di luce o di acqua.

E così si impara a vivere anche con meno di ciò a cui si è normalmente abituati e si impara a mutare il proprio vivere assecondando le situazioni che alle volte si impongono senza preavviso.

“Ed è così che l’azione di cooperazione non solo cerca di aiutare coloro verso il quale l’impegno si rivolge, ma sviluppa anche il proprio saper vivere a seconda delle situazioni alle quali si debba far fronte, in ogni luogo in cui ci si trovi.”

L’esperienza di questi 11 anni di Africa, di lavoro nella cooperazione internazionale, mi ha insegnato e fatto sviluppare la predisposizione ad adottare dei comportamenti che possano servire ovunque si riscontrino situazioni particolari. Ha messo in risalto il “Saper-Essere”, che spesso si rivela più vincente del “Saper-Fare”.

Per chi svolge questo tipo di professione, un certo tipo di atteggiamento verso il mutare della realtà fa quasi parte integrante del proprio quotidiano e, forse, in piccola parte sarebbe necessario da richiedere ad ogni persona lo sforzo verso questo “sapersi adattare”, perché non si sa mai da che parte possa girare la ruota domani, e qualsiasi certezza e situazione possono cambiare direzione in ogni istante.

Trovo dunque che lo “stile” con cui i cooperanti internazionali affrontano la vita nei paesi di loro intervento possa essere applicabile ovunque, e che certi comportamenti che vengono richiesti in particolari situazioni di crisi, come quella che sta vivendo ad esempio l’Italia oggi e a cui mi trovo confrontata anche io, in questo mio momento di presenza in Italia, possano essere seguiti dai cittadini di ogni parte del mondo.

Così termino con la speranza che questa situazione porti alla consapevolezza di dover essere “coraggiosi” ogni giorno, per affrontare la vita quotidiana nel suo mutarsi, alle volte repentino, e per cercare di immedesimarsi nell’ “Altro”, per comprenderlo. Perché potrebbe succedere, e forse sta succedendo, che quello che fino a ieri poteva sembrare l’ “Altro”, oggi possa essere rappresentato da noi stessi…