Il Dott. Mouctar Diallo, di professione Medico, è direttore dell’Ong locale Fraternité Médicale Guinée che si occupa di salute e ambiente.

L’associazione è partner di LVIA nel programma ambientale di valorizzazione dei rifiuti plastici.

Da Conakry, il Dott. Diallo ci racconta la “situazione Ebola” in uno dei paesi più colpiti dall’epidemia.

Ottobre 2014
La febbre emorragica da virus Ebola ha inizi

ato a mietere vittime il 6 Dicembre 2013 nella prefettura di GuécKedou (nella Guinea forestale).

All’inizio, la stampa ha trattato la notizia parlando di una malattia misteriosa. Il governo della Guinea ha dichiarato la presenza della malattia il 21 marzo 2014, dopo la certificazione dei campioni da partire dagli istituti Pasteur di Dakar e di Lione.
Da questa data, il governo ha messo in piedi un comitato di risposta multisettoriale con l’appoggio di partner internazionali, in particolare l’Organizzazione Mondiale della Sanità e Medici Senza Frontiere.
Sul piano sanitario, al 26 settembre 2014, 1.099 persone erano infettate e 656 decedute in tutto il Paese. Ci sono state 19 prefetture toccate sulle 33 del Paese. Il focolaio della malattia resta sempre nella regione della Guinea forestale, che è limitrofa alla Sierra Leone e alla Liberia.
Il personale medico ha pagato un pesante tributo a questa malattia perché ci sono stati 71 agenti di salute che si sono infettati, con 31 morti.
Il sopraggiungere della malattia ha creato una psicosi nella popolazione e questo si è tradotto nella sfiducia degli uni nei confronti degli altri. Per paura di essere infettati, i malati non si recano nelle strutture di cura e preferiscono andare dai medici tradizionali o fare automedicazione. Dato che la popolazione evita le strutture sanitarie, la popolazione muore, così come capita per altre malattie correnti (malaria, morbillo, dissenteria …).
Sul piano sociale ed economico, c’è una forte stigmatizzazione delle persone infette così come delle loro famiglie. Questa stigmatizzazione sociale ha un forte impatto relazionale e psicologico e, soprattutto, genere delle pericolose reticenze in molte comunità che rifiutano di riconoscere la presenza della malattia, complicando ulteriormente la messa in atto del dispositivo di risposta.
Conseguentemente al manifestarsi della malattia in Guinea, la quasi totalità dei Paesi vicini ha chiuso le frontiere e le popolazioni delle aree di confine passano attraverso le falle nelle frontiere, che sono piuttosto labili, e la situazione si complica di giorno in giorno.
Frontiere chiuse, scambi commerciali bloccati e la povertà comincia a guadagnare terreno. Noi notiamo il persistere della reticenza da parte delle popolazioni a ricevere le equipe di sensibilizzazione sulla cura e prevenzione dell’Ebola, con disordini sociali, morti e feriti. La nuova strategia governativa prevede quindi di utilizzare delle persone autoctone, del villaggio, per sensibilizzare i loro familiari e “paesani”.
Abbiamo la speranza, ma bisognerà raffinare le strategie d’intervento sul terreno e la forte mobilitazione dei guineani e della comunità internazionale.