Mar, 28/08/2018

foto: newsly.it 

Le organizzazioni della società civile impegnate nell’accoglienza, nell’integrazione e nella cooperazione internazionale hanno già espresso la loro indignazione per la grave vicenda della nave Diciotti.

Diversi operatori umanitari, rappresentanti delle istituzioni e di partiti politici hanno potuto accertare le difficilissime condizioni socio sanitarie delle persone a bordo, alcune delle quali recano i segni delle violenze subite in Libia. Nessun calcolo politico può essere fatto sulla pelle degli esseri umani. Questa basilare considerazione umanitaria è la principale ragione della nostra totale avversione alle decisioni assunte dal governo italiano in questa circostanza e in altre analoghe.

Il Ministro dell’Interno ha dichiarato che “sulla Diciotti ci sono tutti immigrati illegali”. È falso. Sono 150 persone, maschi e femmine in gran parte provenienti dall’Eritrea, che hanno diritto, sulla base di convenzioni internazionali e dell’articolo 10 della Costituzione italiana di fare richiesta di asilo politico. Non solo, si tratta di persone che già si trovano in territorio italiano e impedirne lo sbarco a terra equivale “de facto” a sequestrarli.

È sotto gli occhi di tutti che l’azione del governo italiano sta indebolendo la coesione europea e isolando il nostro paese in ambito UE. Non stupisce la reazione europea alle istanze del governo italiano, in particolare quando si afferma che le minacce di revocare i contributi all’Unione sono semplicemente irricevibili. Abbiamo sempre sostenuto la necessità di una maggiore integrazione politica dell’UE, non solo sul tema delle migrazioni. È quindi al riguardo incomprensibile e inaccettabile il rifiuto opposto meno di tre mesi fa dal governo di prendere in considerazione la proposta di revisione del regolamento di Dublino approvata dal parlamento europeo. L’Italia avrebbe potuto far valere le proprie ragioni per migliorare ulteriormente la proposta di revisione. La strada era aperta ma è stata chiusa.   

C’è poi un’altra considerazione da fare. Come si è già sottolineato a bordo della nave Diciotti ci sono soprattutto cittadine e cittadini eritrei. La recente accettazione degli accordi di pace con l’Eritrea da parte dell’Etiopia sottrae finalmente al governo di Asmara ogni alibi per non avviare nel paese le indispensabili riforme democratiche, a cominciare dall’abolizione della leva obbligatoria permanente.

L’Italia ha una relazione storica con l’Eritrea.
È indecente che l’ultima pagina di questa storia abbia i volti sofferenti di esseri umani sequestrati su una nave in un nostro porto. È ben altro, con gli strumenti dell’azione diplomatica e della cooperazione internazionale, quanto l’Italia potrebbe e dovrebbe fare, esercitando positive pressioni sul governo eritreo, intercettando le nuove opportunità di dialogo apertesi con la pace tra i due paesi del Corno d’Africa, adoperandosi affinché l’Eritrea diventi finalmente un paese nel quale si possa vivere, studiare, lavorare, nel quale siano riconosciuti e garantiti diritti per troppo tempo calpestati.

Lo chiede la nostra storia, lo chiede la diaspora eritrea nel nostro paese, lo chiedono i minori non accompagnati, le donne, i giovani, che fuggono da quel paese. Ma lo chiedono anche i tanti italiani che assistono con angoscia a quanto sta avvenendo in questi giorni e che non hanno mai smesso di esprimere ai migranti sequestrati sulla nave Diciotti la loro fraterna solidarietà.