Mar, 23/08/2016
 
La regione orientale dell’Etiopia, l’Afar, è un’area dall’aspetto quasi lunare. Ma qui vivono un milione e mezzo di persone. Il racconto di Lia Curcio, dell’Ong LVIA, e il fantastico reportage fotografico di Claudio Sica.
foto di Claudio Sica: dal reportage “L’acqua di tutti, in viaggio tra i Borana”

La regione orientale dell’Etiopia, l’Afar, è un’area dall’aspetto quasi lunare, con i suoi deserti, i colori tenui e le depressioni rocciose in una savana inaridita e inospitale per gran parte dell’anno. Eppure, questo è il posto in cui vive un popolo di 1 milione e 500mila persone, il popolo degli Afar. Prevalentemente dediti alla pastorizia, sono soliti spostarsi di luogo in luogo con uno stile di vita nomade tipico delle aree pastorali, fermandosi dove trovano acqua e pascoli per nutrire le proprie preziose mandrie.

Per il popolo Afar, il bestiame non è soltanto fonte di sopravvivenza e di sostentamento, ma rappresenta una cultura, uno status, regola i riti sociali, è la compensazione per un torto subito e la dote per il matrimonio. Qui si dice che i pastori morirebbero piuttosto che vendere i propri animali… Ma quella che da quasi due anni colpisce 10 Milioni di persone in Etiopia, con particolare gravità in alcune zone come l’Afar, è la più grave siccità degli ultimi 30 anni e, in mancanza di altre possibilità, queste popolazioni pastorali che sono solite spostarsi a capo di grandi mandrie, hanno iniziato a vendere i propri animali. Oppure, se il bestiame non è sopravvissuto alla scarsità di acqua e pascoli, ne sono rimaste prive.

Le popolazioni dell’Afar stanno pagando le conseguenze della siccità iniziata nel 2015, in cui le piogge sono state molto al di sotto del livello minimo. Nel 2016 la situazione è peggiorata: normalmente nei primi mesi dell’anno dovrebbe piovere, ma le prime timide piogge sono iniziate solo a marzo. In giugno, finalmente, l’acqua è arrivata ma in modo violento, causando danni e sfollati.

Cristina Coletto, volontaria internazionale dell’associazione LVIA – Servizio di Pace, a fine aprile 2016 descriveva così la situazione nell’area: «Il livello delle falde e dei fiumi è diminuito ancora e l’erba nei pascoli è quasi scomparsa. Ci sono decine di migliaia di animali morti e le condizioni del bestiame sono pessime. Questo è molto grave per le popolazioni locali, che basano il proprio sostentamento sul bestiame. La disponibilità di prodotti animali, quali la carne e il latte, alla base dell’alimentazione dei pastori, è quasi ridotta a zero e le famiglie sono costrette a cercare alimenti al mercato. Questo provoca una situazione di emergenza alimentare per molte famiglie impoverite e infatti sta aumentando in modo allarmante il numero dei bimbi malnutriti. I prezzi di alimenti base, come la farina, in marzo sono aumentati a causa della scarsa disponibilità sui mercati locali. Anche il prezzo del bestiame è sceso, mentre il prezzo del foraggio è aumentato perché scarso, andando a peggiorare le condizioni economiche delle popolazioni pastorali. Quasi 10.000 famiglie, cioè il 3% della popolazione dell’Afar, sono già migrate verso le vicine regioni Amhara, Oromia e Tigray, in cerca d’acqua e pascoli». 

I NUMERI DELL’EMERGENZA 

  • 136mila bambini colpiti da malnutrizione acuta moderata;
  • 32mila bambini colpiti da malnutrizione acuta severa;
  • 566.000 capi di bestiame morti solo nel 2015;
  • 13.000 persone hanno perso tutto il bestiame;
  • 1,2 milioni di persone sono colpite dalla siccità nelle fonti idriche;
  • Circa il 50% degli studenti resta assente da scuola per supportare le famiglie nel sostentamento (ricerca dell’acqua, raccolta di legna, o parte per lavorare lontano dalla famiglia).
Una delle prime conseguenze della grave siccità è la totale mancanza di acqua.

LVIA chiede il sostegno di tutti i cittadini per affrontare l’emergenza, ricercando nel frattempo i fondi anche presso istituzioni e fondazioni.

ATTIVITA’ PREVISTE 
  • Trasporto d’acqua in autobotti per fornire ogni giorno 5 lt. d’acqua a 9.900 persone. Necessari: 27.000 Euro
  • Costruzione di 6 pozzi superficiali per 1.800 persone. Necessari: 54.000 Euro
  • Ricostruzione di 9 punti d’acqua per uso umano e per il bestiame, a beneficio di 2.700 persone. Necessari: 27.000 euro
  • Costruzione di 15 abbeveratoi su pozzi esistenti, per il bestiame di 200 pastori. Necessari: 55.000 euro
Per sostenere e contribuire alle attività promosse da LVIA in Afar 

 

RESTA IL PROBLEMA DELL’ACQUA 
Il rapporto di fine maggio 2016 dell’Afar Pastoral Agriculture Task Force, una piattaforma di istituzioni e ong locali e internazionali coordinata dalle autorità governative per mitigare gli effetti della siccità, descrive una situazione ancora molto difficile, che indica tra le criticità l’insicurezza alimentare, la non disponibilità d’acqua e l’impoverimento degli abitanti dell’area, costretti a vendere il bestiame, denutrito e in cattive condizioni, ad un prezzo di mercato particolarmente basso: «Dalla vendita di due capre ricaviamo poco meno del corrispettivo per comprare 50 Kg di riso – risulta da una testimonianza riportata nel rapporto e confermata dal monitoraggio sul campo e con questo la mia famiglia riesce a mangiare appena per un mese». 

Nel mese di maggio, sono arrivate finalmente le piogge ma la violenza delle precipitazioni ha causato quasi 8.500 famiglie sfollate in 7 delle 32 province della Regione Afar. Il grosso delle precipitazioni è avvenuto nelle vicine regioni Amhara, Oromya e Tigray, generalmente più ricche di acqua, ma lo straripamento del fiume Awash ha colpito anche l’Afar, inondando città e villaggi. L’arrivo delle piogge non ha quindi messo fine alla crisi umanitaria; per contro, ne ha aggravato alcuni aspetti.

In questo contesto, l’associazione LVIA che opera in Afar dal 2014 ed in Etiopia dal 1972, è intervenuta con la ristrutturazione e costruzione di pozzi, di acquedotti e di sistemi di raccolta dell’acqua piovana. Questo intervento ha fatto da “cuscinetto” nel lungo periodo di siccità. I pozzi e gli acquedotti hanno garantito l’acqua a 30mila persone nel 2015, mitigando alcuni effetti della crisi. 

«Questi interventi, oltre a mitigare i problemi di accesso all’acqua e ai pascoli in questa fase di crisi, sono anche un modo per preservare la cultura e le tradizioni del popolo Afar, duramente messe alla prova da queste situazioni di cambiamento climatico e di cicliche carestie. – Spiega Andrea Bessone, desk officer di LVIA per l’EtiopiaStiamo dalla parte delle popolazioni che vogliono restare lì perché c’è una cultura che si vuole preservare. Ogni sistema di raccolta dell’acqua piovana, costruito in una scuola o in un centro sanitario, serve tra le 300 e le 400 persone in un anno e un pozzo per il bestiame disseta varie centinaia di animali al giorno. Da un punto di vista socio culturale, questa è una presa di posizione forte, perché preserva le popolazioni locali, la loro esistenza e il loro modo di vita. Accanto agli interventi idrici, sempre in quest’ottica lavoriamo per il miglioramento delle aree pastorali, creando delle zone protette seminate a foraggio, messe a disposizione e gestite localmente dalle stesse comunità».

LVIA ha una sede e un’equipe a Telalak, un villaggio dell’omonima woreda (l’equivalente amministrativo di una provincia) nel sud della Regione Afar. È l’unica Ong italiana operante in questa zona di frontiera, in collaborazione con le principali ong internazionali presenti nella regione.

L’approccio di LVIA è quello di una duplice risposta alla crisi, sia con interventi di emergenza che con azioni volte a rafforzare i sistemi locali nel far fronte a situazioni di siccità, con cui in futuro queste popolazioni dovranno sempre di più convivere. In quest’ottica si cerca di prevenire il verificarsi di onde migratorie in altre aree del Paese, con il conseguente rischio di provocare conflitti tra le stesse popolazioni per la gestione delle risorse, in primo luogo dell’acqua, della terra e dei pascoli. Pianificare le infrastrutture idriche con le autorità e le comunità locali, mappare e regolamentare i punti d’acqua esistenti sul territorio sono alcune azioni che permettono di rafforzare i sistemi locali e di aiutare le popolazioni più vulnerabili in contesti di crisi naturali come quella in corso.