Dai racconti di Sara e Luca, servizi civili LVIA a Kongwa, Tanzania
L.V.I.A. MAJI, KILIMO, AFIA recita il cartello impolverato che s’incontra sulla strada sterrata che porta a Kongwa. Siamo in Tanzania, lontani dalle spiagge turistiche, in una regione arida, nel centro del paese. Dodoma, la capitale, è a 90 Km, anche se il centro economico è Dar Es Salaam, più a sud. Da Dodoma percorriamo una strada asfaltata, ma gli ultimi 30 Km, lunghissimi e faticosi, sono da percorrere su strada sterrata di polvere rossa.
Il cartello che ci introduce alla sede LVIA riassume in tre parole (acqua, agricoltura, sanità) quella che è ormai da più di trent’anni l’azione continuativa dell’associazione nella regione semi-arida di Dodoma, una delle aree economicamente più depresse della Tanzania, dove più del 56% della popolazione vive in povertà assoluta, un dato addirittura superiore rispetto alla media nazionale riportata dalla Banca Mondiale.
La breve stagione delle piogge si è conclusa da un mese: i fiumi stagionali si sono prosciugati quasi del tutto, il paesaggio s’imbrunisce giorno dopo giorno e fino al prossimo novembre sarà secco tutto intorno. I grandi spazi africani mostreranno a breve il loro volto più caratteristico: baobab spogli, terra rossa, animali sempre più smunti alla ricerca di pascoli sempre più aridi, strade estremamente polverose e sfilate colorate di donne e di bambini a piedi, chi con un secchio d’acqua in testa, chi a spingere una vecchia bicicletta che si affossa nel terreno troppo sabbioso, schiacciata sotto il peso delle taniche stracolme d’acqua che trasporta.
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La siccità e la generale scarsità d’acqua sono una delle grandi piaghe che affliggono questa regione: secondo i dati emersi da diverse indagini condotte da LVIA e altri enti, l’accesso alle risorse idriche è garantito neanche a metà della popolazione. Significa che una persona che nasce qui, molto probabilmente dovrà camminare almeno tre ore al giorno per assicurare a sé e alla propria famiglia il quotidiano approvvigionamento d’acqua. La vita si svolge in condizioni spesso estreme, l’acqua potabile non si trova facilmente, anche perché circa la metà dei pozzi e dei punti d’acqua sparsi nei villaggi sono fuori uso.
Il progetto: la gestione comunitaria dell’acqua in 10 villaggi
In questo quadro s’inserisce l’azione di LVIA. Attualmente è in corso un progetto, cofinanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana, che conduce un’azione articolata su 10 villaggi con l’obiettivo di favorire l’uso efficiente delle strutture idriche presenti nei villaggi. Attraverso il coinvolgimento della popolazione, sono state formate le così dette “Water User Associations” composte da abitanti dei villaggi, che hanno la responsabilità di gestire in modo collettivo e comunitario tali strutture. Coinvolgendo le autorità distrettuali, inoltre, LVIA si è impegnata, in linea con la politica nazionale, per la creazione di un sistema innovativo e replicabile che consenta di ottimizzare e raggruppare la gestione delle risorse di più villaggi.
Nei villaggi il progetto è di “proprietà” della popolazione.
Parla il “Maestro Chamgheni”
Mwalimu Chamgeni (“maestro” Chamgheni, così come viene rispettosamente salutato nei villaggi), insegnante in pensione, da anni membro dello staff locale di LVIA, dopo aver scherzato un po’ – da buon maestro appunto – sulle nostre lacune di Swahili, ci descrive la mobilitazione sociale alla base del progetto.
«È stato fondamentale informare, condividere e pianificare con la popolazione il progetto, chiarendo benefici, costi, ruoli, responsabilità, e contributi richiesti, anche di carattere economico. – Ci spiega. –
La dinamica è semplice e democratica. LVIA, dopo aver consultato gli uffici distrettuali e l’ingegnere idrico assegnato, si rivolge alle autorità amministrative di villaggio, chiedendo la convocazione di una riunione con la popolazione, che classicamente si svolge all’aperto, alla presenza di 200 persone radunate sotto un grande albero.
Si discute il progetto che s’intende sviluppare, previo accordo con la comunità locale, che è chiamata a firmare, tramite del governo di villaggio, un contratto di collaborazione.
La “proprietà” del progetto, infatti, spetta al villaggio, che ne sarà beneficiario ma anche responsabile, ed è importante che questo sia chiaro sin dall’inizio.
Si procede poi alla costituzione della Water User Association, incaricata della gestione coordinata delle strutture idriche. Prima viene formato un comitato di gestione: eletto a maggioranza, si riunisce ogni mese ed è composto da tre persone, di cui un amministratore e un segretario, con un incarico di durata triennale, vincolato da uno statuto che ne descrive rispettivi ruoli e responsabilità.
Poi si forma la Water User Association, attraverso l’elezione dei suoi membri nella comunità. Questa è una struttura terza rispetto al governo di villaggio e, come tale, indipendente; si continua quindi con la formazione delle persone incaricate della gestione dello schema idrico (gestore, contabile, tecnico, responsabile della fontana pubblica, tesoriere), sui temi delle politiche nazionali dell’acqua, sulla tecnologia in uso (mantenimento e riparazione), le modalità di fornitura del servizio e la registrazione dati. A questo punto, viene redatto lo statuto e il piano di gestione: la Water User Association diventa così operativa, ed inizia a lavorare con l’affiancamento di LVIA».
Norini, Magheseni, Mlembe e Uzi sono i villaggi in cui il progetto sta registrando i successi maggiori. Una gestione stabile ed efficiente della risorse idriche, infatti, sta garantendo da un lato l’accesso continuativo all’acqua, dall’altro, una più attiva partecipazione delle donne – non più assiduamente impegnate nella fatica dell’approvvigionamento familiare dell’acqua – alla vita sociale ed economica, attraverso il loro coinvolgimento in attività alternative generatrici di reddito, tra cui l’apicoltura.
Oggi, il diritto all’acqua non è ancora garantito a tutti. Ancora in troppi villaggi della Tanzania Centrale, una famiglia riesce a procurarsi solo cinque secchi d’acqua a settimana, dalla capienza di 20 litri ciascuno. La differenza rispetto ai 20 litri giornalieri pro capite individuati dalla comunità internazionale come diritto non commerciabile all’accesso all’acqua di ciascun essere umano è, quindi, evidente.
LVIA crede in questo grande obiettivo, ma ancora molto resta da fare. Per questo, la partecipazione, il sostegno e la responsabilità di tutti sono fondamentali.