Nuovi dati rivelano un profondo divario nei fondi pubblici verso l’agroecologia
Lo studio si concentra sui fondi dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) della Unione Europea (UE), erogati dal 2016 al 2018 attraverso l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD) e il Programma alimentare mondiale (PAM). Allo stesso tempo, lo studio si concentra anche sul portafoglio del Fondo verde per il clima (Green Climate Fund – GCF), dalla sua creazione fino al dicembre 2019.
- Nessuno di loro sostiene una agroecologia trasformativa sia degli agroecosistemi che dei sistemi alimentari;
- Quasi l’80% promuove approcci di “business as usual”, orientati all’efficienza (come l’intensificazione sostenibile);
- Solo il 2,7% dei fondi si riferisce a progetti che rappresentano un primo passo verso l’agroecologia.
Per quanto riguarda i progetti agricoli finanziati dal Fondo verde per il clima
- Quasi l’80% dei fondi è destinato a programmi e progetti che promuovono l’approccio “business as usual” e orientati all’efficienza (come l’intensificazione sostenibile);
- Il 10,6% dei fondi investiti in progetti agricoli dal GCF sostiene l’agroecologia trasformativa;
- Il 10,1% dei fondi confluisce verso progetti che rappresentano un primo passo verso l’agroecologia.
Questo avviene in un contesto in cui i partenariati pubblico-privato (PPP) e la finanza “mista” – meccanismi che si basano su partenariati con aziende del settore privato e attori finanziari – si sono moltiplicati, ma hanno dimostrato di concentrarsi ancora sull’agricoltura industriale, mentre i benefici per i piccoli proprietari terrieri sono seriamente messi in discussione.
“Alla luce di questo rapporto è fondamentale riorientare i finanziamenti verso l’agroecologia e porre fine a progetti di finanziamento dannosi per la trasformazione dei sistemi alimentari. Senza questo riorientamento, semplicemente non sarà possibile garantire il diritto al cibo per tutti in un contesto di cambiamento climatico”, ha detto Francois Delvaux, responsabile di CIDSE per l’Agroecologia e la Sovranità Alimentare.
Per Italo Rizzi di LVIA, i dati sulle risorse finanziarie evidenziano la necessità di un maggior impegno per la transizione agroecologica su cui LVIA e altre organizzazioni della società civile italiana sono impegnate a costruire un percorso di riflessione per un’agricoltura sostenibile e rispettosa dei diritti umani e un appello all’azione in Africa Occidentale. Fare parte di reti della società civile che sono attive in percorsi di advocacy è necessario per creare un ponte culturale e di impegno politico con l’attività svolta da LVIA sul campo in Africa a fianco delle comunità locali, dei contadini e dei pastori.