Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità aggiornati a maggio 2017, 52 milioni di bambini sotto i cinque anni sono in stato di denutrizione, 17 milioni sono severamente malnutriti e 155 milioni soffrono di rachitismo e di sottosviluppo.
Questi dati sottolineano la necessità di sradicare tale ingiustizia ma vanno anche letti in un quadro globale di miglioramento della situazione.Rispetto al 2000 si registra infatti un cambiamento positivo, legato anche all’impegno della comunità internazionale.
Ogni anno l’
Indice Globale della Fame (GHI) pubblicato congiuntamente da International Food Policy Research Institute, Concern Worldwide e Welthungerhilf, misura e monitora la fame sia a livellomondiale, che regionale e nazionale. Nel 2017 risulta chela
percentuale di denutriti nel mondo è
scesa dal 18,2% nel 2000 al 13,0% del 2017; il
tasso di mortalità tra i bambini al di sotto dei 5 anni si è quasi dimezzato dal 2000 ad oggi, passando dall’8,2% al 4,7%. La fotografia che si ricava dall’Indice 2017 mette in luce differenze e disuguaglianze ed elementi positivi che devono essere rafforzati. I conflitti e il cambiamento climatico stanno colpendo maggiormente i poveri, facendo sprofondare parti del mondo in una crisi senza fine. Per quanto si dica che “la fame non guarda in faccia nessuno”, in realtà le cose non vanno così.
La fame si manifesta in modo più intenso e persistente tra le popolazioni già vulnerabili e svantaggiate.
La fame e la disuguaglianza sono strettamente interconnesse. Per fare un esempio, donne e bambine rappresentano il 60% degli affamati nel mondo. Questo è l’effetto provocato da strutture sociali profondamente radicate, che escludono le donne dall’accesso all’istruzione, alla salute e alle risorse. Analogamente, è tra le minoranze etniche, spesso vittime di discriminazioni, che si registrano i più alti livelli di indigenza e di fame. La povertà, la più chiara manifestazione di disuguaglianza sociale, è forse ancora più strettamente legata alla fame. Tre quarti dei poveri del mondo vive in aree rurali, dove la fame è tendenzialmente più forte.
L’Indice Globale della Fame (GHI) 2017 evidenzia progressi a lungo termine nella riduzione della fame nel mondo. Ma si tratta di miglioramenti irregolari: ci sono ancora milioni di persone in situazione di fame cronica e in molte zone si registrano gravi crisi alimentari e persino carestie.
Le regioni del mondo più colpite dalla fame sono l’Asia meridionale e l’Africa a sud del Sahara. I punteggi di entrambe (rispettivamente 30,9 e 29,4) rientrano nella categoria grave. Al momento,
114 Paesi hanno raggiunto un tasso di mortalità nei bambini sotto i 5 anni di età, inferiore o uguale a 15 decessi per 1.000 nati vivi, che corrisponde all’
obiettivo 3.2 dell’Agenda 2030 sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
La battaglia contro la malnutrizione si sta vincendo ma non è ancora finita. Investire nei primi 1.000 giorni di vita di un bambino determina il futuro delle nazioni. Porre fine alla malnutrizione salva la vita e migliora le prospettive per i bambini e, quindi, lo sviluppo dei Paesi. Uno studio pubblicato su “The Lancet” nel 2015 denuncia che la malnutrizione riduce il progresso economico di una nazione di almeno l’8% a causa delle perdite di produttività dirette oltre a quelle dovute alla condizione di povertà e alla ridotta scolarizzazione. Inoltre, un bambino che nei primi 1.000 giorni di vita soffre di malnutrizione acuta severa, la forma peggiore di malnutrizione, se non è curato repentinamente subisce un danno permanente e irreversibile sullo sviluppo fisico e intellettuale, e sarà un adulto mai indipendente nella vita.
La situazione in Burkina Faso
La malnutrizione in Burkina Faso colpisce ancora oggi quasi 500.000 bambini prima dei 5 anni di età.
Questo dato va analizzato nel quadro di una situazione di crisi strutturale dal punto di vista alimentare (innalzamento della temperatura, aumento della popolazione, degrado dei suoli, hanno contribuito in modo decisivo all’aumento del tasso di vulnerabilità dell’intera area geografica del Sahel: dal 1970 si verificano ciclicamente gravi siccità a cui seguono crisi alimentari) ma anche di un
progressivo miglioramento, anche grazie all’impegno della comunità internazionale.In Burkina Faso l’Indice della Fame (GHI 2017) ha registrato una
diminuzione del 58% dal 2000 al 2017 (la variazione indica quindi un miglioramento nello stato alimentare e nutrizionale) e, in base al
Global Nutrition Monitoring Framework Country Profile elaborato dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità, in Burkina Faso c’è stata una
diminuzione del 40% dei numero di bambini sotto i 5 anni colpiti da rachitismo e sottosviluppo.
Tali miglioramenti non sono però uniformi in tutto il paese e nel nord del Burkina, il tasso di malnutrizione infantile è tra i più gravi al mondo, con il 15% di bambini fino ai 5 anni di età colpiti da malnutrizione acuta (severa e moderata).
Nel 2012, a seguito
dell’emergenza alimentare causata dalla violenta carestia che aveva colpito più di 18 milioni di persone in diversi paesi del Sahel, è stata fondata, con una forte partecipazione dell’Unione Europea,
AGIR – Alleanza Globale per la Resilienza, a cui anche il Burkina Faso ha aderito, con l’obiettivo di rafforzare la
resilienza dei paesi del Sahel e dell’Africa dell’Ovest nei confronti delle crisi alimentari e nutrizionali ricorrenti. L’Alleanza parte dal principio che, se gli interventi di emergenza sono indispensabili per salvare le vite come avvenuto nelle crisi del 2005, 2010 e 202-2013, è necessario raddoppiare l’impegno per
aiutare le popolazioni della regione, soprattutto le più vulnerabili, ad affrontare meglio le crisi ripetute.
In quest’ottica di resilienza va anche l’intervento di LVIA, che dal 2012 al 2017 ha collaborato con vari partner locali e internazionali e vari finanziatori tra cui ECHO e MAECI – Ministero Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. In Burkina Faso è stato fatto un importante lavoro dal Governo e dai partner della cooperazione internazionale e nel 2015 il Ministero della Salute del Burkina Faso ha reso gratuite le cure per la malnutrizione e altre patologie.
L’impegno di LVIA dal 2012 a fine 2017 nella Regione del Centre-Ouest ha permesso di curare quasi 60.000 bambini affetti da malnutrizione acuta severa e sono importanti anche i risultati della prevenzione, attraverso la cosiddetta “strategia dei 1.000 giorni”, dato che l’incidenza (numero di nuovi casi in un determinato periodo di tempo) della patologia è diminuita dall’11% al 7%.
A partire dal 2017, l’intervento di LVIA si sposta nel nord del Burkina Faso, nella provincia di Gorom-Gorom, dove si registra il 3,3% di malnutrizione acuta severa (il triplo rispetto al Centre-Ouest) ed il 15% di malnutrizione acuta generale (severa e moderata)
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