La cooperazione è una strada che unisce – il racconto di un cooperante in Tanzania
Mi chiamo Andrea Bosio, ho 41 anni e sono il Project Manager del progetto KIJANI PEMBA, di cui LVIA è capofila e responsabile dell’attuazione, dal 2 aprile 2025 vivo sull’isola di Pemba insieme a mia moglie Federica.
Pemba è una delle isole principali dell’arcipelago di Zanzibar, in Tanzania. Meno conosciuta rispetto alla vicina Unguja, è un autentico gioiello dell’Oceano Indiano: collinare, verde e rigogliosa, con vaste piantagioni di chiodi di garofano, foreste tropicali, spiagge tranquille e tratti di natura ancora incontaminata. La vita sull’isola è scandita da ritmi lenti e profondamente legati alle comunità locali, dove la cultura swahili si esprime con forza e orgoglio. La popolazione è accogliente, rispettosa e fortemente radicata nelle proprie tradizioni, ma allo stesso tempo aperta al dialogo e al confronto.
Fin dal primo giorno mi sono immerso completamente nel lavoro. I miei collaboratori si sono subito dimostrati partecipi, disponibili e volenterosi. Ogni giorno, ogni minuto, nelle prime settimane li riempivo di domande: volevo capire bene le prime fasi del progetto, le dinamiche interne, il rapporto con i partner. Con pazienza e gentilezza, si sono sempre messi a disposizione per spiegarmi ogni dettaglio utile, cercando di facilitare il mio inserimento.
Sono ormai dodici anni che vivo e lavoro in Africa, e ovunque ho affrontato – più o meno – le stesse sfide che accompagnano la cooperazione internazionale. Ma qui, a Pemba, tutto sembra muoversi in modo diverso.
Nel primo mese ho organizzato workshop e incontri con rappresentanti delle comunità di Chake Chake e Mkoani. Ho incontrato donne e uomini straordinari, coinvolti attivamente nelle scelte strategiche del progetto. Sono rimasto colpito dalla passione, dall’impegno e dalla speranza che trasmettevano. Ascoltavano, si confrontavano tra loro, ponevano domande con quella luce negli occhi che raramente ho visto. Volevano assicurarsi che comprendessi a fondo le loro preoccupazioni, che cogliessi il senso delle loro idee. E, ogni volta, prima di salutarci a fine attività, una vigorosa stretta di mano e un saluto rispettoso erano immancabili.
Lo stesso spirito l’ho trovato anche fuori dal lavoro, durante le uscite con mia moglie. I conducenti delle mototaxi, i cosiddetti bajaji, sono sempre stati gentili, comprensivi con chi – come noi – non conosceva nemmeno i nomi dei luoghi, e soprattutto onesti nel proporre le tariffe.
Gli abitanti di Pemba ci hanno accolto mostrando, fin dal primo momento, il loro lato migliore: gentilezza, rispetto, e un profondo orgoglio per la propria cultura e le proprie tradizioni. Vivere qui significa entrare in contatto quotidiano con una comunità che si fonda su valori solidi come l’accoglienza, l’onestà e il rispetto reciproco.
Ciò che colpisce, giorno dopo giorno, è la naturalezza con cui si è accolti: nessuna diffidenza, nessuna barriera. A Pemba non esiste il concetto di “straniero” in senso negativo. Chi arriva, se lo fa con rispetto, viene immediatamente trattato come uno di loro. Non importa da dove vieni, quale lingua parli, quale fede professi o in che modo sei vestito: qui le persone ti guardano negli occhi, ti sorridono e ti dicono Karibu – “Benvenuto” – con una sincerità disarmante.
È una cultura dell’incontro, dove l’ospitalità non è una formalità, ma un gesto autentico, parte integrante dell’identità collettiva. Le persone si prendono il tempo di salutarti per strada, di interessarsi a come stai, di offrirti un tè o una parola gentile anche se non ti conoscono. Ed è in questi gesti semplici, quotidiani, che si percepisce la grande forza sociale e umana dell’isola.
Questo senso di parità e umanità condivisa non è solo un valore astratto, ma si manifesta nella vita reale: nelle trattative di mercato, nei rapporti di lavoro, nei momenti comunitari. Nessuno cerca di imporsi sull’altro, e anche chi è coinvolto nei progetti di cooperazione viene considerato non come un “esperto” esterno, ma come un partner, una risorsa, una persona.
L’impressione è che qui a Pemba la dignità dell’altro sia un principio profondamente radicato. Una lezione che, per chi viene da contesti in cui l’individualismo e le gerarchie sociali sono la norma, si trasforma in una preziosa occasione di crescita.
Anche gli artigiani che ho incontrato, per motivi di lavoro e non, si sono dimostrati preparati, appassionati, onesti e molto impegnati. Per la natura del progetto che dirigo, ho avuto spesso modo di confrontarmi con le autorità locali. Fin da subito ho percepito un forte apprezzamento per il progetto e una sincera disponibilità alla collaborazione.
Uno degli episodi che più mi ha colpito riguarda il Ministero dell’Energia. Mr. Suleiman, referente dell’ufficio locale, è stato da subito aperto e disponibile verso il nostro programma. Ma ha dato il meglio di sé quando, a causa di problemi tecnici, rischiavo di non riuscire a rinnovare il mio permesso di soggiorno in tempo. Gli ho chiesto aiuto e, senza esitare, ha chiamato il responsabile dell’ufficio immigrazione, mi ha fissato un appuntamento, e il giorno dopo ero già lì, accompagnato da un funzionario che mi ha seguito passo dopo passo nella pratica di estensione del visto.
Anche in questo caso, ho percepito quanto le persone tengano al benessere degli ospiti e quanto ci tengano a mostrare che la loro cultura, a dispetto di certi stereotipi, è profondamente inclusiva. Molto più di tante culture occidentali che si proclamano tali solo in apparenza. Qui non importa quale religione professi o come ti vesti (purché nel rispetto della decenza), non importa se sei venuto per turismo o per lavoro: tutti sono uguali, e l’aiuto reciproco è un valore fondamentale.
Lavorare nella cooperazione internazionale significa molto più che progettare e implementare interventi. Significa costruire relazioni autentiche, creare fiducia, imparare ogni giorno qualcosa di nuovo su se stessi e sugli altri. La cooperazione non è solo uno strumento tecnico, ma un ponte tra persone, culture e sogni.
È una strada che unisce, e che ci ricorda quanto siamo interconnessi, quanto possiamo arricchirci a vicenda, e quanto lo sviluppo vero – quello umano e duraturo – nasca sempre dall’incontro tra visione, ascolto e rispetto reciproco.