Burkina Faso: racconti dal progetto di lotta alla malnutrizione infantile

In Burkina Faso, nella provincia dell’Oudalan, all’estremo nord del Paese, la situazione di insicurezza peggiora di giorno in giorno per via delle incursioni di gruppi armati jihadisti ormai presenti in quella zona del Sahel. Gli sfollati interni tra il Burkina Faso e il Mali sono quasi 1 milione e mezzo di persone.

Si tratta di famiglie, in gran parte donne e bambini, che per sfuggire al regime di terrore imposto dai gruppi armati radicali presenti nell’area abbandonano i loro villaggi e si rifugiano presso i capoluoghi di provincia o comunque in zone meno isolate e più sicure. Alcune si fanno ospitare da parenti e conoscenti, altre si sistemano all’interno di scuole (ormai quasi tutte chiuse) o altri edifici pubblici non utilizzati, altre ancora, e sono sempre di più, in campi nati spontaneamente fuori dalle città.

Qui LVIA è parte del progetto di lotta alla malnutrizione infantile, sostenuto dall’Unione Europea (ECHO) , insieme a Medicus Mundi Italia, CRUS, Terre des Hommes, Ong Alima.

 

Mi chiamo Sanogo Issa e sono un nutrizionista di LVIA. Mi occupo di pianificare e supervisionare le attività del progetto di lotta alla malnutrizione infantile e di raccogliere i dati per stilare i report di monitoraggio. A causa dei continui attacchi armati, c’è un clima di insicurezza che minaccia lo svolgimento del nostro lavoro. Nonostante percorrere alcune strade sia diventato molto pericoloso, cerchiamo di far arrivare gli operatori sanitari anche nei villaggi più isolati per poter garantire a tutti le cure mediche necessarie, soprattutto ai bambini colpiti da malnutrizione acuta. Quello che non ci fa demordere è vedere i bambini guarire e ritrovare il loro sorriso e quello dei loro genitori.

 

Ma la situazione sanitaria è grave in tutta la provincia e non solo per i bambini: ad oggi 12 centri di salute sono chiusi (su 23) perché non ci sono le condizioni minime di sicurezza per tenerli aperti, e quelli che sono aperti (o che hanno potuto riaprire dopo essere stati chiusi) funzionano a basso regime oppure sono sotto pressione per la presenza degli sfollati. E’ il caso in particolare del centro di salute urbano di Gorom-Gorom, che insieme all’ospedale provinciale, si è ritrovato nel giro di poco più di un anno a dover gestire una popolazione praticamente raddoppiata.

Guitti Alimata e Kadidiatou Cissé sono due infermiere che lavorano nel centro di salute di Gorom Gorom. Sono 2 dei 21 infermieri volontari selezionati da LVIA e inseriti preso i centri di salute sotto pressione, dove il personale sanitario dello Stato è insufficiente. Sono giovani del posto, molto motivati, ed è grazie a loro se oggi 9 centri di salute (degli 11 in funzione) hanno potuto riaprire e riescono a garantire, tra mille difficoltà, cure mediche di base alla popolazione locale.

 

Il mio nome è Guitti Alimata e con LVIA lavoro da 2 anni come infermiera nel reparto pediatrico del centro di salute di Gorom-Gorom. Il mio lavoro consiste nel fornire assistenza infermieristica a tutti i bambini ricoverati di età compresa tra gli 0 e i 59 mesi gravemente malnutriti e che presentano complicanze. Il carico di lavoro nel reparto è sempre moltissimo perché il personale è insufficiente. Nonostante la situazione sia drammatica mi sorprende sempre la capacità degli operatori sanitari di combattere corpo e anima per preservare la salute delle persone più vulnerabili.

Io mi chiamo Kadidiatou Cissé e lavoro come infermiera insieme a Guitti. Il lavoro è tanto e a volte le medicine che abbiamo a disposizione non bastano per tutti i pazienti. Dobbiamo cercare di avere pazienza e stabilire un dialogo con i genitori dei bambini che abbiamo in cura perché non sempre riescono a seguire le complesse indicazioni delle terapie. La cosa positiva è che riusciamo a salvare la maggior parte dei bambini che prendiamo in cura.

 

 

Per sostenere il lavoro di Sanogo, Guitti e Kadidiatou puoi fare una donazione attraverso la piattaforma di Rete del Dono

 

 

“Nel presente documento sono descritte le attività di aiuto umanitario realizzate con il contributo finanziario dell’Unione Europea. Le opinioni qui espresse non devono in alcun modo essere interpretate per riflettere l’opinione ufficiale dell’Unione Europea e la Commissione Europea non è responsabile di alcun uso che può essere costituito dalle informazioni in esso contenute.”