L’aggravarsi della situazione in Mali peggiora la crisi alimentare nel Sahel

Intevista a Ousmane Ag Hamatou

Da quanto tempo hai dovuto fuggire dal tuo paese, il Mali, e perché?

Ho dovuto fuggire dal Mali nel mese di aprile 2012, dopo la presa delle città nel Nord del Paese da parte di gruppi islamici, che ha avuto luogo tra il 29 e il 30 marzo 2012. Ho deciso di portare con me la famiglia in Burkina, ma in realtà io sono qui solo con mia moglie e i miei figli ora e non si può certo dire con la “famiglia” africana.
Quando sono arrivato in Burkina, il Sahel era già stato colpito dalla crisi alimentare, così la LVIA mi ha chiesto di seguire un piccolo progetto che si poneva e si pone l’obiettivo di combattere la carestia e io l’ho coordinato direttamente: abbiamo aiutato centinaia di contadini per la nuova campagna agricola e abbiamo aiutato molte famiglie che non avevano cibo sufficiente per il sostentamento di tutti.

Quali sono le ultime notizie sullo stato dell’intervento militare in Mali?

Da un anno a questa parte molte persone dal nord del Mali hanno cercato rifugio nei Paesi vicini, ma ci sono anche molti sfollati che sono andati nel sud del Paese, dove la situazione era meno pericolosa.
Da alcuni mesi la gente aveva cominciato a ritornare nelle città di appartenenza, a Gao, a Kidal e a Tomboctou, ma l’11 gennaio è stata costretta di nuovo a fuggire, e con loro anche quelli che non erano fuggiti prima. Le condizioni di vita sono infatti sempre più difficili, e la situazione si è aggravata dopo l’intervento militare anche a causa della scarsità delle risorse alimentari legate alla chiusura delle frontiere di alcuni Paesi vicini, come l’Algeria e la Mauritania, che temono ondate di profughi.

Questo ha causato un aumento dei rifugiati in Burkina Faso? Quale sarà l’impatto sul destino della carestia che ha colpito la regione?

In primo luogo devo dire che tutto il Sahel è stato colpito dal problema della crisi alimentare, ma il nord del Burkina Faso ha ricevuto in assoluto il maggior numero di rifugiati adulti della regione: la necessitò di condividere le risorse alimentari con i rifugiati è avvenuta in un momento in cui erano già insufficienti per i locali burkinabé

La Campagna LVIA “La fame non è una dieta” ha permesso in Italia di raccogliere più di 40.000 euro: quali sono i risultati sperati per un intervento efficace per la popolazione?

Voglio qui esprimere il mio ringraziamento e la mia considerazione per quello che a mio parere è stato un ottimo risultato di raccolta fondi, che ci permetterà, con la LVIA, di salvare la vita di molti bambini.; chiaramente, per quanto concerne la tragicità della situazione maliana, che complica una questione di emergenza già drammatica, ci sarebbe bisogno di più di un milioni di euro per un intervento efficace, pensato su tre assi:
– il primo consiste nell’aiuto diretto alle popolazioni nel nord del Mali;
– il secondo a supporto delle famiglie nel sud del Mali, che ospitano parenti e amici rifugiati: si tratta dell’intervento più difficile;
– il terzo asse consiste nel lavorare con i rifugiati ospitati in Burkina Faso e soprattutto con le popolazioni burkinabé che devono farsi carico di questa ingente situazione.