Autore: Paolo Ronco, LVIA Tanzania
Quando Nico viene a raccontarmi cos’è successo allo schema idrico (leggi: acquedotto) di Majawanga, mi vien da piangere. Nico è triste, contrariato. A quel progetto ha lavorato tanto, ha dato anima e corpo. Il manager dello schema di Majawanga-Moleti lo ha informato che l’acquazzone di tre giorni prima (80-90 mm di pioggia in quattro ore) ha scoperchiato il terreno nei pressi del sottovillaggio di Chimehe, si è portato via un bel metro di suolo nel fondo valle, proprio dove passa la linea di tubi, interrati a 60 cm, che convogliano l’acqua in pressione verso i serbatoi in quota. 50-60 m di tubazioni in PVC sono andate perdute, prima trascinate dalla forza della corrente e poi frantumate contro le rocce a valle. Insomma, l’acquedotto è inservibile. Ma non è finita qui: investigando un po’ sul funzionamento dell’impianto emerge, oltre al danno, la beffa: già da una settimana le operazioni di pompaggio dal pozzo in profondità erano interrotte a causa della mancanza di gasolio. Non ci sono soldi, dicono. Ma come?! E i soldi che avete raccolto negli ultimi 4 mesi di funzionamento, dalla popolazione, che paga 30 scellini tanzaniani (1,5 centesimi di euro) per un secchio da 20 litri? Dove sono andati a finire? Dopo soli quattro mesi di funzionamento l’impianto è fermo, sono necessarie riparazioni urgenti e sostanziali, il comitato di gestione non lavora bene, è diviso, la gestione finanziaria sembra non rispettare i parametri e le quote di ripartizione previste.
Acqua: tra diritti e responsabilità
Water is life!
Lo ricordo bene, quel 5 novembre del 2010, giorno dell’inaugurazione. Giornata calda, serena. Cielo terso. A Majawanga gli abitanti avevano preparato una bellissima festa, tutti presenti. Bambini in prima linea sotto il sole, danzatori sullo spiazzo polveroso, donne ai tamburi (le donne Wagogo sono le uniche in Tanzania a poterlo fare) ed autorità sul palco d’onore. Discorsi e buoni propositi: faremo del nostro meglio per garantire il corretto funzionamento dell’acquedotto, per garantire che il nostro popolo abbia acqua, fresca e sicura, tutti i giorni. Water is Life, scandito in ogni lingua e dialetto locale. Emozioni, foto e pacche sulle spalle. Alla sera abbiamo festeggiato con una grigliata sotto il cielo stellato di Kongwa.
Una struttura, l’acquedotto, costato fatiche e sudori, oltre un anno di lavori e 175.000 Euro, è finanziato per buona parte (75%) dalla Commissione Europea attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo (FED). Un pozzo trivellato ad oltre 100 m di profondità, 2 serbatoi da 50.000 litri ciascuno posizionati in quota, 24 Km di condotte e 13 fontane pubbliche garantiscono 20 litri di acqua potabile al giorno a tutta la popolazione, composta da circa 12.000 persone tra i due villaggi serviti dallo schema. Le comunità hanno collaborato fin dall’inizio, versando una quota (2.000 euro, tutt’altro che simbolici per dei contadini) e lavorando attivamente alla costruzione dello schema, scavando le canalette per la posa delle tubazioni (24 Km, con la zappa!), trasportando sabbia, cemento, pietrame, e aiutando i muratori nella costruzione dei serbatoi, delle fontane pubbliche alle latrine per le scuole e per i dispensari.
Lo ricordo bene, quel 5 novembre del 2010, giorno dell’inaugurazione. Giornata calda, serena. Cielo terso. A Majawanga gli abitanti avevano preparato una bellissima festa, tutti presenti. Bambini in prima linea sotto il sole, danzatori sullo spiazzo polveroso, donne ai tamburi (le donne Wagogo sono le uniche in Tanzania a poterlo fare) ed autorità sul palco d’onore. Discorsi e buoni propositi: faremo del nostro meglio per garantire il corretto funzionamento dell’acquedotto, per garantire che il nostro popolo abbia acqua, fresca e sicura, tutti i giorni. Water is Life, scandito in ogni lingua e dialetto locale. Emozioni, foto e pacche sulle spalle. Alla sera abbiamo festeggiato con una grigliata sotto il cielo stellato di Kongwa.
Una struttura, l’acquedotto, costato fatiche e sudori, oltre un anno di lavori e 175.000 Euro, è finanziato per buona parte (75%) dalla Commissione Europea attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo (FED). Un pozzo trivellato ad oltre 100 m di profondità, 2 serbatoi da 50.000 litri ciascuno posizionati in quota, 24 Km di condotte e 13 fontane pubbliche garantiscono 20 litri di acqua potabile al giorno a tutta la popolazione, composta da circa 12.000 persone tra i due villaggi serviti dallo schema. Le comunità hanno collaborato fin dall’inizio, versando una quota (2.000 euro, tutt’altro che simbolici per dei contadini) e lavorando attivamente alla costruzione dello schema, scavando le canalette per la posa delle tubazioni (24 Km, con la zappa!), trasportando sabbia, cemento, pietrame, e aiutando i muratori nella costruzione dei serbatoi, delle fontane pubbliche alle latrine per le scuole e per i dispensari.
Stimiamo che almeno 2.000 persone hanno preso parte ai lavori, gratuitamente. Chi per un giorno, chi per alcune settimane, alcuni per interi mesi. Sotto il sole, la pioggia, il vento. Tralasciando il quotidiano, la campagna (quella che ti dà da vivere), la famiglia (quella d’accudire), almeno per un po’. Tutti accomunati dallo stesso scopo, lo stesso obiettivo. Portare acqua alla gente che non ne ha.
Acqua: una gestione democratica e comunitaria
Per assicurare che tutto funzioni, che tutto giri per il verso giusto e che lo schema sia in grado di fornire acqua per almeno una decina d’anni alla popolazione (in crescita) accumulando, nel contempo, i fondi necessari affinché la manutenzione ordinaria e straordinaria sia garantita, è stato pensato, condiviso e realizzato un piano di gestione completo (e anche complesso, volendo, ma stiamo sempre parlando di un acquedotto per 12 mila persone …) ma solido, lineare che prevede un ruolo di primo piano per la comunità e per le autorità distrettuali (equivalente alla nostra Provincia).
Per assicurare che tutto funzioni, che tutto giri per il verso giusto e che lo schema sia in grado di fornire acqua per almeno una decina d’anni alla popolazione (in crescita) accumulando, nel contempo, i fondi necessari affinché la manutenzione ordinaria e straordinaria sia garantita, è stato pensato, condiviso e realizzato un piano di gestione completo (e anche complesso, volendo, ma stiamo sempre parlando di un acquedotto per 12 mila persone …) ma solido, lineare che prevede un ruolo di primo piano per la comunità e per le autorità distrettuali (equivalente alla nostra Provincia).
Un’associazione degli utenti, eletti dagli abitanti del villaggio e rappresentativi di tutte le frazioni dei villaggi, ne sovraintende il monitoraggio, stabilisce le tariffe, riferisce al capo-villaggio ma soprattutto all’ingegnere idrico del Distretto che ha la responsabilità ultima sulla gestione tecnica e finanziaria dello schema. L’associazione, infine, recluta il personale addetto alla gestione quotidiana dello schema. Parliamo di idraulici, meccanici, contabili, venditori presso le fontane pubbliche, manager e segretario. In tutto una ventina di persone che, stipendiate, si occupano a tempo pieno del funzionamento dell’acquedotto e rispondono direttamente all’associazione degli utenti.
Costituiscono quello che chiamiamo “il Gestore”.
Concepita in base alla National Water Policy tanzaniana del 2002, che a sua volta recepisce e sintetizza anni di esperienze e di formule diverse sperimentate con più o meno successo sul campo, la struttura di gestione che proponiamo è nuova, relativamente semplice ma richiede, da parte di tutti, uno sforzo in più per selezionare, formare, rendere consapevoli e competenti le persone giuste. Quelle addette al funzionamento quotidiano dell’impianto e quelle dedicate alla sua supervisione. L’idea di fondo sintetizza una forma di gestione semi-privata con controllo pubblico per garantire equità di trattamento ed efficienza nella fornitura del servizio. I privati che gestiscono il servizio idrico?? Orrore??!! No, semplice conseguenza di una riflessione concreta: al di là di ogni irrigidimento ideologico, la forma cooperativistica e statalista, usata fino a qualche anno fa per la gestione del servizio idrico, ha dimostrato la sua inadeguatezza se applicata al contesto rurale tanzaniano. La forma privata, se applicata alla sola gestione, dovrebbe qui dare più garanzie di sostenibilità e qualità. La chiave di volta, però, rimane un controllo da parte della comunità (ecco il ruolo dell’associazione degli utenti) per assicurare l’equità del servizio e la sua qualità, nel tempo. Rimane sul tappeto, lo scoglio “politico”. L’acqua fa gola a tutti, certo, e non solo agli assetati. D’altronde rappresenta l’unica entrata sicura per il villaggio, l’unica fonte di reddito in un contesto nel quale una famiglia, in media, se la deve cavare con meno di tre dollari al giorno. L’idea allora è quella di rendere la gestione dello schema totalmente indipendente dalle pressioni e dinamiche “politiche” del villaggio che spesso, in passato, ne hanno condizionato il successo. Per cui l’indipendenza della “micro-azienda” del villaggio dalle logiche politiche locali, dovrebbe assicurare una certa serietà di gestione e nello stesso tempo efficienza nell’erogazione del servizio. L’acqua è un diritto ma anche un dovere e una responsabilità.
Concepita in base alla National Water Policy tanzaniana del 2002, che a sua volta recepisce e sintetizza anni di esperienze e di formule diverse sperimentate con più o meno successo sul campo, la struttura di gestione che proponiamo è nuova, relativamente semplice ma richiede, da parte di tutti, uno sforzo in più per selezionare, formare, rendere consapevoli e competenti le persone giuste. Quelle addette al funzionamento quotidiano dell’impianto e quelle dedicate alla sua supervisione. L’idea di fondo sintetizza una forma di gestione semi-privata con controllo pubblico per garantire equità di trattamento ed efficienza nella fornitura del servizio. I privati che gestiscono il servizio idrico?? Orrore??!! No, semplice conseguenza di una riflessione concreta: al di là di ogni irrigidimento ideologico, la forma cooperativistica e statalista, usata fino a qualche anno fa per la gestione del servizio idrico, ha dimostrato la sua inadeguatezza se applicata al contesto rurale tanzaniano. La forma privata, se applicata alla sola gestione, dovrebbe qui dare più garanzie di sostenibilità e qualità. La chiave di volta, però, rimane un controllo da parte della comunità (ecco il ruolo dell’associazione degli utenti) per assicurare l’equità del servizio e la sua qualità, nel tempo. Rimane sul tappeto, lo scoglio “politico”. L’acqua fa gola a tutti, certo, e non solo agli assetati. D’altronde rappresenta l’unica entrata sicura per il villaggio, l’unica fonte di reddito in un contesto nel quale una famiglia, in media, se la deve cavare con meno di tre dollari al giorno. L’idea allora è quella di rendere la gestione dello schema totalmente indipendente dalle pressioni e dinamiche “politiche” del villaggio che spesso, in passato, ne hanno condizionato il successo. Per cui l’indipendenza della “micro-azienda” del villaggio dalle logiche politiche locali, dovrebbe assicurare una certa serietà di gestione e nello stesso tempo efficienza nell’erogazione del servizio. L’acqua è un diritto ma anche un dovere e una responsabilità.
LVIA: un ruolo nella comunità
In questo contesto, il ruolo di LVIA, di quelli che propongono un approccio alternativo alle problematiche rurali, è quello dello stimolo e del monitoraggio. Stimolare processi di questo tipo, creare le condizioni affinché le riforme auspicate trovino compimento concreto. Formare e “capacitare” coloro i quali sono chiamati, giorno per giorno, a gestire, riparare, far funzionare e amministrare la gloriosa macchina che provvede alla fornitura di un bene così essenziale, vitale! Infine monitorare, controllare, vigilare attentamente sul meccanismo, per assicurarne lunga vita e buon funzionamento. Se qualcosa non funziona a dovere, se il meccanismo tecnico e gestionale subisce un rallentamento, uno stop, se attraversa una fase critica e rischia di bloccare il servizio, è nostro dovere far sì che le autorità preposte (i Distretti, le Regioni, lo Stato….i villaggi!) si attivino rapidamente per trovare una soluzione, condivisa, del problema. È un compito difficile, richiede costanza, lungimiranza, pazienza, competenza. È una sfida per il presente e per il futuro. Richiede di concepire una responsabilità concretamente condivisa, tra popolazioni, autorità e chi, come noi, cerca di sostenere senza imporre, senza sostituirsi. Sarebbe più facile, certo, ma vale la pena tentare. In fondo, è il nostro lavoro.
In questo contesto, il ruolo di LVIA, di quelli che propongono un approccio alternativo alle problematiche rurali, è quello dello stimolo e del monitoraggio. Stimolare processi di questo tipo, creare le condizioni affinché le riforme auspicate trovino compimento concreto. Formare e “capacitare” coloro i quali sono chiamati, giorno per giorno, a gestire, riparare, far funzionare e amministrare la gloriosa macchina che provvede alla fornitura di un bene così essenziale, vitale! Infine monitorare, controllare, vigilare attentamente sul meccanismo, per assicurarne lunga vita e buon funzionamento. Se qualcosa non funziona a dovere, se il meccanismo tecnico e gestionale subisce un rallentamento, uno stop, se attraversa una fase critica e rischia di bloccare il servizio, è nostro dovere far sì che le autorità preposte (i Distretti, le Regioni, lo Stato….i villaggi!) si attivino rapidamente per trovare una soluzione, condivisa, del problema. È un compito difficile, richiede costanza, lungimiranza, pazienza, competenza. È una sfida per il presente e per il futuro. Richiede di concepire una responsabilità concretamente condivisa, tra popolazioni, autorità e chi, come noi, cerca di sostenere senza imporre, senza sostituirsi. Sarebbe più facile, certo, ma vale la pena tentare. In fondo, è il nostro lavoro.
PS: Volete sapere com’è andata a finire a Majawanga? Il Distretto ha accettato di farsi carico di buona parte delle riparazioni chiedendo (e ottenendo) che il villaggio contribuisca per circa un 20%. I tubi sono stati acquistati, installati sotto la nostra supervisione e l’acquedotto ora funziona, bene.
Presso il villaggio si è tenuta un’assemblea pubblica, coordinata dall’associazione degli utenti, per discutere della gestione. Dopo innumerevoli interventi e proposte, si è deciso di “commissionare” il Gestore con un paio di ulteriori rappresentanti del villaggio a controllarne i conti, coadiuvati da un revisore amministrativo proveniente dal Distretto. Alcune irregolarità sono emerse, le responsabilità accertate e un paio di persone sostituite. Si ricomincia, allora. Buona fortuna |
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