Mano nella mano per un’alimentazione e un futuro migliori: il riso di mangrovia in Guinea-Bissau come modello di resilienza
Il 16 ottobre si celebra la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, che quest’anno richiama la necessità di lavorare mano nella mano – dal locale al globale – per costruire sistemi alimentari più equi, sostenibili e resilienti. Un esempio emblematico arriva dalla Guinea Bissau, dove la risicoltura di mangrovia unisce comunità locali, istituzioni e cooperazione internazionale in un modello unico al mondo.
La risicoltura di mangrovia in Guinea Bissau
La risaia di mangrovia è essenzialmente suolo “rubato” al mare: grazie alla costruzione di dighe, l’acqua salata viene tenuta fuori, permettendo alla pioggia di lavare lentamente il terreno fino a renderlo coltivabile.
Si tratta di un sistema colturale capace di integrare in modo sostenibile l’attività umana all’interno del delicato ecosistema del mangrovieto. Una forma di risicoltura che non richiede irrigazione né fertilizzanti chimici, ma che si basa su un equilibrio molto delicato tra l’acqua dolce e quella marina. Questo equilibrio necessita di un’accurata regolazione degli apporti idrici, sia pluviali che marini, per mantenere sotto controllo la salinità e l’acidità del suolo, e sull’impiego di varietà di riso tolleranti agli stress abiotici. La sua peculiarità consiste nel fatto che, durante la stagione secca, una quantità controllata di acqua marina viene reintrodotta per apportare nutrienti, limitare la crescita delle infestanti e regolare l’acidità del suolo.
Questo sistema, frutto di un sapere secolare, è oggi sempre più minacciato dai cambiamenti climatici: da un lato la diminuzione delle piogge, dall’altro l’innalzamento del livello del mare, che rischiano di compromettere l’equilibrio su cui si fonda questa straordinaria forma di agricoltura.
Le comunità locali hanno sviluppato soluzioni di adattamento basate su conoscenze ancestrali, arricchite oggi da innovazioni introdotte grazie a programmi di cooperazione internazionale come Ianda Guiné! Arrus, promosso dall’Associazione LVIA e sostenuto dall’Unione Europea. In sei anni di lavoro congiunto, i produttori e le comunità locali hanno sperimentato nuove soluzioni per rendere la produzione agricola più sostenibile: dal rafforzamento delle dighe alla costruzione di infrastrutture idrauliche, fino all’uso di varietà di riso più resilienti. Questi percorsi condivisi hanno favorito una produzione più stabile e sicura. Il progetto si è concluso lo scorso maggio con una conferenza internazionale a cui hanno partecipato 150 persone, tra cui 25 delegati internazionali provenienti da sei Paesi dell’Africa Occidentale. È stato un momento di incontro e dialogo tra agricoltori, ricercatori, istituzioni e organizzazioni della società civile, per condividere esperienze e riflettere sulle molte forme che l’agricoltura di mangrovia assume lungo i 550 km che collegano la Casamance, le due Guinee e il nord della Sierra Leone.
Le testimonianze
In questi anni abbiamo raccolto le esperienze di alcune produttrici di riso di mangrovia, che attraverso il loro lavoro raccontano l’evoluzione di un’agricoltura capace di adattarsi ai cambiamenti.
Luiginia Luis Caetano Gomes, 34 anni, è la fondatrice e direttrice dell’impresa Wisun Agrotech che si occupa di trasformare e commercializzare il riso.
“Noi trattiamo il riso locale, che qui chiamiamo arrus di pilon. Adesso stiamo iniziando una nuova fase grazie al sostegno dell’Unione Europea: attraverso il progetto Ianda Guinè! Arrus, possiamo aumentare la nostra produttività perché abbiamo una macchina per pilare il riso qui a Bissau.”
Gomes racconta che all’inizio è stato molto complesso fare affidamento sui pochi mezzi a disposizione.
“Prima compravamo il riso già sbucciato dai produttori ma era pieno di pietre e residui e dovevamo passare il tempo a ripulirlo manualmente. Questa macchina sarà di grande supporto perché ci permetterà di diminuire lo sforzo e il tempo del nostro lavoro.”

Luiginia Luis Caetano Gomes
Nel suo lavoro quotidiano, si è impegnata a promuovere il consumo e la vendita del riso locale, con l’obiettivo di valorizzare la produzione nazionale e ridurre la dipendenza dalle importazioni. La sua scelta nasce dal desiderio di contribuire in modo concreto allo sviluppo del settore risicolo del Paese:
“Abbiamo scelto di vendere il riso locale, della Guinea Bissau, perché qui se ne consuma molto ma la maggior parte è importato, e questo è davvero un peccato. Lo faccio con passione, non con l’obiettivo di guadagnare. Quando un produttore si trova in difficoltà, cerchiamo di sostenerlo anche attraverso prezzi più accessibili. Con questo lavoro voglio dare un mio contributo a risolvere un problema per la popolazione guineense.”
Iolanda Funy gestisce una panetteria insieme ad un socio. L’incontro con il progetto Ianda Guiné ha offerto l’opportunità di migliorare la qualità dei loro prodotti, combinando la farina di grano con quella di riso locale, più ricca di proprietà nutritive.

“Con il supporto del progetto abbiamo ottenuto l’equipaggiamento necessario per lavorare il riso e oggi produciamo farina di riso integrale, che utilizziamo per pane, torte e altri prodotti alimentari più nutrienti. Ho studiato in Brasile e, una volta tornata in Guinea Bissau, per me era importante non solo trovare un lavoro, ma costruire qualcosa di valore. Sono molto soddisfatta perché la mia idea di impresa è quella di un’attività che generi reddito, crei posti di lavoro e contribuisca a migliorare le condizioni di vita della comunità e del Paese.”
L’arrivo delle macchine del progetto ha reso la lavorazione del riso molto più semplice per le famiglie della comunità, riducendo la fatica e migliorando la qualità del prodotto finale.
Sabado Infande – produttrice di riso nella zona di Encheia – ci racconta del cambiamento che il progetto ha portato nel suo lavoro e nella vita quotidiana.

“Il progetto ci ha cambiato la vita. Prima dovevo trasportare i sacchi di riso molto lontano per farlo pilare; adesso posso farlo direttamente qui. Le macchine fornite dal progetto lavorano meglio: il riso ha meno crusca e si nota subito la differenza. Ora è tutto molto più facile: arrivo a casa, lavo il riso e posso cucinarlo subito, e i piatti vengono più buoni. Prima, quando le macchine non funzionavano, bisognava pestare il riso a mano con un bastone: era faticoso, ci si faceva male alle mani e spesso il riso si rompeva e si sprecava. Ora basta metterlo nella macchina e il lavoro si fa rapidamente, senza affaticarsi. La differenza è evidente.”
FENDAL – il docufilm
All’interno del progetto Ianda Guiné! Arrus è stato realizzato il docufilm FENDAL (P. Barberi e R. Russo), che racconta la Guinea Bissau contemporanea attraverso lo sguardo della giovane Paulina. Il film intreccia voci, anime e generazioni diverse, restituendo l’immagine di un Paese chiamato ad affrontare sfide complesse: la dipendenza dall’importazione di riso dal mercato asiatico, l’aumento della domanda di anacardi, l’innalzamento del livello del mare e la minaccia dell’acqua salata sulle risaie costiere, l’abbandono dei villaggi e la crescita della popolazione urbana.