L’approccio agroecologico: coltivare la terra, coltivare la comunità. La testimonianza dal Senegal

In una calda mattinata di fine settembre, a Thiès – a meno di settanta chilometri da Dakar – abbiamo incontrato Malick Sow, fondatore dell’impresa verde AgroSol che nasce dal motto AGROécologie est la SOLution, una citazione di Pierre Rabhi, uno dei padri fondatori dell’agroecologia. Siamo sul tetto della casa di Malick, dove un orto urbano convive con una piccola voliera: un ecosistema in miniatura che racchiude la sua visione del mondo. Questo spazio non è soltanto un luogo di produzione, ma un vero e proprio centro didattico a cielo aperto: qui bambini e studenti del quartiere possono osservare da vicino i principi dell’agroecologia, comprendere l’importanza di un’agricoltura sostenibile e imparare a rispettare l’ambiente. La sua impresa è tra quelle che ha ricevuto formazione gratuita e sostegno dal progetto PRO-VIVES, che fornisce accompagnamento alle imprese che si ispirano ai valori dell’economia circolare e della sostenibilità in Senegal

Malick è esperto in agroecologia, formatore e promotore di pratiche agricole sostenibili. La sua vocazione nasce dal desiderio di unire agroecologia ed economia solidale, due dimensioni che considera inseparabili.

L’agroecologia non può essere solo una tecnica agricola – spiega – deve includere anche un modo diverso di pensare l’economia, fondato sulla condivisione e sulla cooperazione. Siamo testimoni del degrado ambientale e non possiamo fingere di non sapere: sappiamo ciò che accade e ciò che potrebbe accadere. Per questo sentiamo la responsabilità di agire concretamente, non solo parlando, ma dimostrando che il cambiamento è possibile. Personalmente, ho dedicato la mia vita a ricercare e agire con la comunità, cercando soluzioni pratiche per rendere i sistemi alimentari più sostenibili.

Per Malik, il lavoro agricolo non è solo produzione, ma azione collettiva. Ogni attività è guidata da una visione comunitaria, dove il denaro non è il fine ma un mezzo per generare valore condiviso. “Se qualcuno è in difficoltà e non ha i mezzi per pagare una formazione, lo accompagniamo comunque. Il sapere deve essere accessibile a tutti. È una questione di coerenza e di responsabilità etica.”

Domanda: Hai parlato di una visione comunitaria: cosa significa e come viene implementata nel vostro lavoro?

Malick Sow: La visione comunitaria significa che non agisco spinto solo dal denaro. Se qualcuno è in difficoltà, devo utilizzare un approccio comunitario per accompagnarlo nella ricerca di una soluzione. Nella nostra logica, se io ho delle conoscenze e l’altro non ha i mezzi economici, perché non dovrei aiutarlo? Non sarebbe logico. In un sistema comunitario, le conoscenze si condividono con tutti e il denaro non è al centro.

D: Questo si lega al concetto di democratizzare il sapere.

Malick Sow: Esatto. Al nostro livello, la conoscenza deve essere democratizzata. L’agroecologia insegna che finché non ci sarà una cooperazione internazionale e finché il sapere e le risorse non saranno condivisi, non ci potrà essere vero sviluppo sostenibile. Avere delle conoscenze e tenerle per sé è sbagliato: se il sapere viene razionalizzato e condiviso, può creare uno sviluppo equilibrato; se resta chiuso, produce solo sottosviluppo. È questo l’approccio dei ricercatori: tutto ciò che scopriamo dobbiamo condividerlo, sia fisicamente sia attraverso i media.

È stato proprio questo principio a ispirarlo nella creazione dell’orto urbano, pensato come strumento educativo per le nuove generazioni. L’obiettivo è trasmettere un messaggio semplice ma potente: prendersi cura della terra significa prendersi cura di sé stessi e della comunità, scegliendo metodi agricoli più sani e rispettosi, senza pesticidi né prodotti chimici.

L’orto come modello di economia circolare

Grazie al sostegno economico del programma PROVIVES e all’accompagnamento tecnico di LVIA, il progetto di Malick ha potuto crescere e consolidarsi. Oggi l’orto urbano è uno spazio vivo e partecipato: ogni pomeriggio si riempie di bambini curiosi e desiderosi di imparare, trasformandosi in un luogo di incontro, gioco e formazione. Un esempio concreto di come innovazione sociale, cooperazione e sostenibilità possano intrecciarsi per generare nuove opportunità e diffondere un futuro più verde.

D: Vuoi aggiungere qualcosa?

Malick Sow: Apprezzo molto ciò che fate. Conoscevo già LVIA, ma non avevo avuto occasione di collaborare direttamente. Le formazioni mi hanno dato maggiore chiarezza sulla mia missione e mi hanno aiutato a valorizzare ciò che faccio, a riconoscere la mia esperienza e la mia competenza. Questo dà valore a una persona e la spinge a migliorarsi ogni giorno.

D: Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Malick Sow: Desidero costruire e far nascere un’accademia per condividere conoscenze sull’agroecologia e sull’economia sociale e solidale. Vorrei che le persone potessero venire qui, ma anche creare uno spazio digitale per entrare in contatto con chi è lontano. Mi piacerebbe, ad esempio, che qualcuno potesse mostrarmi a distanza il proprio campo, così da poter dare consigli e utilizzare le tecnologie per migliorare il sistema agricolo.

Il progetto “PROgramma di Valorizzazione dell’Impresa VErde e Sociale per l’innovazione, la crescita e il lavoro” (PROVIVES) è promosso da CISV con LVIA, RETE, MERCATO CIRCOLARE, CISAO dell’Università degli Studi di Torino, ARCO , CAPER, ESPERE e FAPAL finanziato dall’AICS, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.