di Monsignor Joachim Ouédraogo, Vescovo di Dori, Burkina Faso
pubblicato su CEM Mondialità, gennaio 2009
All’inizio dell’anno 2009, la promessa di Cristo agli operatori di pace risveglia le nostre coscienze di uomini e di donne aspiranti alla pace, alla felicità. La situazione del mondo che, in questo inizio d’anno, continua ad essere segnata da conflitti, odi e violenze che non possono essere giustificati in alcun modo, interpella la coscienza umana. Che dire di tutti i condannati a morte, le donne e gli uomini, giovani e vecchi dimenticati dal mondo? E i grandi malati? E tutte le popolazioni che muoiono di fame e di sete nell’indifferenza totale? Perché la crescita dei beni materiali non migliora le condizioni di vita dei popoli? Non sarà perché non si è saputo promuovere una mondializzazione capace di portare la pace e la felicità nel mondo? La vera mondializzazione è quella della fraternità umana; quella dell’amore, capace di trasformare i cuori. Per l’appunto la pace di cui parla Gesù nella beatitudine citata prima si rivolge primariamente a questa realtà profonda che è il cuore.
Ciascun essere umano deve prima cercare questa pace interiore, questa pace del cuore che si chiama: riconciliazione con se stessi! La mia speranza più forte per l’anno nuovo è la seguente: che tutti possano riconciliarsi con se stessi per volere la vera pace per gli altri!
Due avvenimenti che hanno segnato la vita della città di Dori, in questa fine dell’anno, ci indicano la via da seguire. La pace con se stessi crea la fiducia nell’altro. È ciò che rende l’incontro possibile e fruttuoso. Alla festa della Tabaski, dopo aver assistito alla preghiera dei musulmani, ho condiviso il pasto con il grande Imam di Dori, per poi andare a salutare uno degli anziani di Dori che tutti chiamano affettuosamente «il vecchio Abbate». Strada facendo, il grande Imam mi disse: «Monsignore, noi stiamo andando insieme a salutare un vecchio musulmano con la tua auto: è il segno che quando si vuole costruire la pace, ciò è possibile. Basta metterci i mezzi». Dopo la festa della Tabaski, c’è stata quella di Natale. Alla Messa della mattina, c’erano sette musulmani. Dopo la celebrazione eucaristica, giovani cristiani e musulmani si sono augurati buone feste e hanno voluto fare delle foto con me. La sera, fu la volta del grande Imam di venire al Vescovado per salutare il Vescovo. Fu un momento di scambio di auguri e di fraternità, in vista di consolidare il dialogo interreligioso nel Sahel. Nel corso dell’incontro, uno di quelli che accompagnavano il grande Imam mi disse: «Monsignore, all’epoca del nostro ultimo incontro nella grande moschea di Dori, lei ha detto una cosa che non potremo mai dimenticare. Lei ha detto: “Cari fratelli musulmani, io vi amo”. Questo è bastato per capire l’obiettivo della vostra visita alla moschea». E ha concluso: «Anche noi vi amiamo!».
Solo il linguaggio dell’amore permette e nutre l’incontro. Solo l’amore permette tutto.
Possa il coraggio di amare e di lasciare amare abitare il nostro cuore per tutto il 2009 e durante tutta la vita!