
Il contesto
Nel 2012 una drammatica carestia ha colpito più di 18 milioni di persone nel Sahel a causa degli scarsi raccolti della stagione agricola del 2011. Il Burkina Faso è stato uno dei paesi più colpiti al punto di dichiarare, per la prima volta dall’indipendenza, lo stato di crisi ed elaborare un Piano di Risposta Nazionale sostenuto dalla comunità internazionale. Più della metà delle regioni del Burkina Faso sono state interessate dalla crisi ed in particole quelle del nord e del centro-est del paese.
Inoltre, nei primi mesi del 2012 l’intervento militare alleato (maliano e francese) per la liberazione del nord del Mali dalla presenza di movimenti terroristici jihadisti, ha provocato un flusso di sfollati stimato a circa 475.000 persone di cui circa 180.000 verso i paesi limitrofi (Niger, Mauritania, Burkina Faso, Algeria). Nel momento di maggiore affluenza, in Burkina Faso sono stati registrati circa 90.000 profughi, dislocati essenzialmente nel circondario di Bobo-Dioulasso, nella capitale Ouagadougou, nelle Regioni del Nord e del Sahel.
L’affluenza dei profughi maliani nel nord del paese (in particolare nella Regione del Sahel) ha peggiorato la situazione di vulnerabilità delle popolazione autoctone che, nel 2012, si trovavano già ad un fortissimo livello di esposizione all’insicurezza alimentare e alla vulnerabilità socio-sanitaria. Gli aiuti umanitari, precedentemente destinati al sostegno di queste popolazioni, sono stati parzialmente “dirottati” per accogliere i flussi dei maliani in arrivo dalla frontiera nord del paese e questo ha creato un disequilibrio nella gestione dell’aiuto e della risposta ai bisogni delle popolazioni.
Le popolazioni sfollate del nord del Mali e quelli del nord del Burkina Faso appartengono agli stessi gruppi etnici e questo ha evitato l’insorgere di conflitti comunitari ma è evidente che le popolazioni della Regione del Sahel del Burkina Faso, in questi ultimi due anni, ha vissuto e subito la sovrapposizione di due crisi maggiori, quella legata alle conseguenze della carestia del 2011-2012 e quella contingente alla presenza di profughi dal Mali. Inoltre le popolazioni sfollate, essenzialmente di tradizione nomade, hanno portato con loro numerosi capi di bestiame (più di 11.000 capi secondo l’UNHCR) e questo ha indebolito ulteriormente l’accesso alle risorse idriche umane e pastorali, agli alimenti per il bestiame e ha comportato una fortissima pressione sulle risorse silvo-pastorali.
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- la realizzazione di 2 trivellazioni pastorali e la riabilitazione di 20 trivellazioni pastorali e a beneficio di 29.920 persone e 105.600 capi di bestiame
- la riabilitazione di 102 ha di terre degradate e la costituzione di uno stock di 61,2t di alimento per il bestiame
- l’implicazione di 270 persone in attività ad alta intensità di manodopera
- la distribuzione del materiale necessario per la messa a cultura di 150 ha di campi agricoli a 300 persone
- il riavvio dell’ allevamento domestico per 334 famiglie vulnerabili
- la distribuzione di un kit di base per l’igiene e la casa a 200 famiglie vulnerabili
- l’elaborazione di 2 sessioni d’informazione e sensibilizzazione sulla gestione dei conflitti e la coabitazione pacifica tra popolazioni ospiti e rifugiati
- l’elaborazione e la validazione di 2 strategie in materia di prevenzione e gestione dei conflitti
Il miglioramento della sinergia tra i diversi attori attivi nella prevenzione della malnutrizione infantile (0-59 mesi) e della promozione della resilienza nei 2 Comuni di intervento, attraverso:
- 450 sedute si formazione sull’educazione alimentare sono realizzate a favore di 13.500 donne
- la formazione di 60 animatrici comunitarie
- la distribuzione di 410 sacchi di cerali a favore di 410 famiglie vulnerabili
- l’elaborazione e la validazione di 2 strategia in materia di resilienza